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I gabbiani del Conclave hanno indicato un punto del programma del Pontefice

Sul comignolo della Cappella Sistina, quel punto sospeso tra cielo e terra, abbiamo visto molto più di una fumata, abbiamo visto un segno: silenzioso, inatteso, potente.

All’inizio era solo un gabbiano solitario, come tante volte era successo anche in altri conclavi. Ma stavolta quel gabbiano è rimasto, giorno dopo giorno. Lo abbiamo visto posarsi, aspettare, osservare. Un’attesa che somigliava tanto alla nostra.

Poi, qualcosa è cambiato. È arrivata anche lei, la “mamma gabbiano”. E da quel momento in poi non erano più due presenze distinte, ma un’unica cosa: una coppia che si alternava nel prendersi cura di un nido, di qualcosa di fragile, invisibile agli occhi ma presente nel cuore.

E infine, proprio nelle ore decisive, quando la fumata bianca stava per salire, è comparso lui: il pulcino. Un esserino piccolo, indifeso, appena nato. Che ha guardato il mondo dall’alto, accanto al comignolo, come se anche lui stesse aspettando il nuovo Pontefice. Come se, in qualche modo, lo stesse accogliendo. Anche loro come tante famiglie, con bambini al seguito, corse in Piazza dopo quella fumata bianca.

Amici lettori, spero mi perdonerete se ho voluto giocare un po’ coi pensieri e con le immagini: che cosa ci dice tutto questo?

Che forse, mentre guardavamo in alto in cerca di un nome, Dio ci stava già parlando con la vita. Con la semplicità della natura. Con la tenerezza di un piccolo nido.

Un gabbiano. Poi due. Poi un pulcino o meglio un pullo.

Una famiglia.

Forse è proprio questo il segno: un pontificato che metterà al centro la famiglia naturale. Quella che genera, che protegge, che resiste anche sulle altezze più esposte. La famiglia come luogo di speranza, come grembo di futuro. E, soprattutto, come culla e custode della vita nascente. Proprio lì, su quel comignolo, nel cuore del mondo cattolico, ci è stato ricordato quanto la vita – ogni vita – sia sacra, fragile, degna di essere accolta.

Nel tempo delle solitudini digitali, dei legami liquidi, delle identità confuse, ecco che un pulcino su un comignolo ci ricorda dove riposa davvero la pace. E che bello è stato, in questi giorni, vedere una Chiesa che non ha parlato con tweet, notifiche o dirette, ma solo con il silenzio e il fumo. In un’epoca dominata dal tutto e subito, siamo rimasti tutti appesi a quel comignolo spento, per ore e ore, in attesa di un segnale di fumo. Un’attesa antica, paziente, collettiva. Un’esperienza che ci ha disintossicato per un attimo dalla fretta, restituendoci la bellezza dell’attesa e del mistero riportandoci al 1274, alla prima fumata.

E Leone XIV, che ha scelto un nome di forza e di radice, ha aperto il suo pontificato con queste parole: “La pace sia con voi”.

Possa essere una pace che parte dal nido, dal grembo materno come chiedeva Madre Teresa di Calcutta.

Dal cuore della famiglia. Dal cielo sopra San Pietro.

E ora tutti noi riprendiamo il nostro volo, come quei Gabbiani.

ps: dicono che il pulcino si chiami Sistino 🙂

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