Quello che facciamo in vita riecheggia nell’eternità – 25 anni del Gladiatore
25 anni fa il cinema gridava “Forza e onore”.
Era il 19 maggio del 2000 quando “Il Gladiatore” arrivava nelle sale italiane. Un film epico, potente, viscerale. Una storia che ci ha attraversati come un colpo di spada, lasciando un segno profondo nella memoria collettiva.
Un uomo tradito dall’Impero, che trova la libertà solo nell’arena.
Un generale che diventa schiavo. Uno schiavo che diventa gladiatore. Un gladiatore che sfida un imperatore.
Eppure tutto questo poteva non esistere.
L’idea del film nacque negli anni ’70, durante un viaggio attraverso l’Europa e il Medio Oriente dello sceneggiatore David Franzoni. Visitando antiche arene, lesse un libro del 1958: “Quelli che stanno per morire” di Daniel P. Mannix. In quelle pagine trovò il seme di una storia che avrebbe atteso 25 anni prima di diventare un kolossal.
Dopo aver scritto Amistad, Franzoni propose a Spielberg un’idea su un film ambientato nella Roma dei gladiatori. Spielberg non ebbe dubbi: “Quella sceneggiatura devi scriverla tu.”
Il protagonista? Russell Crowe.
Ma anche questa scelta fu tutt’altro che scontata. Il ruolo venne prima offerto a Mel Gibson, che lo rifiutò (anche se Ridley Scott ha sempre negato). Tra i nomi in ballo c’erano anche Hugh Jackman e Antonio Banderas. Crowe stesso non era convinto. La sceneggiatura non lo appassionava. Era sul punto di dire di no. Ma poi incontrò Ridley Scott.
E bastarono poche parole:
“Abbiamo 100 milioni di dollari. È l’antica Roma. Tu sei un generale. E ti dirigo io.” Crowe rimase in silenzio. E accettò.
La sua interpretazione diventò leggendaria. Fu lui a creare alcuni dei momenti più intensi del film. La celebre frase “Forza e onore”, non era scritta, l’ha inventata lui. E quando Massimo descrive la sua casa, stava parlando della sua vera casa in Australia.
Accanto a lui, un giovane Joaquin Phoenix nei panni di Commodo, l’imperatore fragile e crudele. Era la prima scelta di Scott, anche se, in caso non avesse funzionato, aveva pronto un altro nome: Jude Law.
Le scene ambientate a Roma furono girate a Malta, dove venne costruita una replica alta 16 metri del Colosseo. Ci vollero 7 mesi e 1 milione di dollari. Poi fu tutto arricchito con effetti digitali.
Alla sua uscita, Il Gladiatore fu un trionfo.
Incassò più di 465 milioni di dollari al botteghino, vinse 5 Oscar, tra cui Miglior Film e Miglior Attore Protagonista.
Ma soprattutto entrò nell’immaginario collettivo.
Un film che non è solo intrattenimento: è rito, è mito, è poesia cruda e disperata.
“Quello che facciamo in vita riecheggia nell’eternità.”
E a distanza di 25 anni, questa frase continua a risuonare.
Perché Il Gladiatore non è invecchiato. È diventato eterno.
