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L’Italia e il boato della strage di Capaci: in ricordo di Giovanni Falcone

Il 23 maggio non è un giorno qualunque. È il giorno in cui la storia italiana si è fermata per un attimo, sconvolta dal boato della strage di Capaci. È il giorno in cui abbiamo perso Giovanni Falcone, ma non il suo esempio. Quel giorno non è morto un uomo solo: è morto il simbolo di una giustizia che non si piega, che cammina dritta anche nel buio, anche da sola.

Falcone sapeva che la verità ha un prezzo. Lo pagò ogni giorno, convivendo con la paura, ma senza mai arretrare. Non era incosciente, era consapevole. E proprio per questo era coraggioso:

“Il coraggio non è l’assenza di paura, ma la capacità di non lasciarsene dominare.”

Perché continuare a cercare giustizia, quando tutto ti dice di fermarti, è l’atto più eroico che esista per ciascuno di noi.

Oggi, a distanza di anni, quel coraggio vive ancora. Lo ritroviamo, ad esempio in un altro magistrato, nel procuratore capo di Pavia, Fabio Napoleone, nato a Bari, cresciuto in Abruzzo, uomo di riserbo e rigore, che dopo tanti anni ha deciso di riaprire il caso Garlasco, sulla base di nuovi elementi investigativi e presunti depistaggi, riaccendono una speranza di verità.

La scelta di Napoleone non è semplice: significa rimettere in discussione, riesaminare, resistere all’abitudine del silenzio. Significa, ancora una volta, credere che la giustizia non ha scadenza.

Ed è in gesti come questo che si compie la profezia di Falcone:

“GLI UOMINI PASSANO, MA LE IDEE RESTANO, RESTANO LE LORO TENSIONI MORALI E CONTINUERANNO A CAMMINARE SULLE GAMBE DI ALTRI UOMINI”

Oggi ricordiamo Giovanni Falcone. Ma insieme a lui, onoriamo ogni magistrato, ogni servitore dello Stato, ogni ricercatore della verità, che, lontano dai riflettori, porta avanti la sua eredità.

Perché “il vigliacco muore più volte al giorno. L’uomo coraggioso una volta sola.”

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