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Tra Chicago e Roma, passando per il Perù: il viaggio di un Papa – libro

Chi è Papa Leone XIV, già cardinale Robert Francis Prevost, eletto l’8 maggio Vescovo di Roma e 267° Pontefice della Chiesa Cattolica? Per i non addetti ai lavori, soprattutto in Italia, non era un nome noto, non aveva una storia conosciuta. Eppure è un sacerdote dalla vita davvero ricca e piena di esperienze in molte parti del mondo, dagli Stati Uniti dove è nato al Perù dove è stato missionario e vescovo, fino a Roma dove ha studiato e ha rivestito l’incarico di cardinale con il compito di scegliere i vescovi di tutto il mondo. E come ha ricordato lui stesso è un frate agostiniano, ordine di cui è stato superiore generale per 12 anni, maturando un’altra vasta esperienza che lo segna e lo caratterizza. E poi la scelta del nome, Leone XIV, ricca di significati evocativi. Solo conoscendo la sua storia si può capire il cammino che lo ha portato al Soglio di Pietro e si può provare a decifrare il futuro intuendo in che direzione vada. Questo agile volumetto che raccoglie alcuni suoi dati biografici, le schede per capire gli agostiniani e gli altri Papa Leone – compresa l’enciclica Rerum Novarum – ma anche i suoi hobby e le sue passioni, si offre come uno strumento di aiuto per avere gli elementi per decifrare il Papa americano.

Leone XIV. Il Papa americano

Di Osvaldo Baldacci

Ed. Odoya 2025

104 pp.

In libreria e online

“Papa Leone XIV. Il Papa americano” ripercorre l’ascesa di Robert Francis Prevost, nato nel 1955 a Chicago e diventato il primo pontefice del Nord America. In un momento di grandi trasformazioni globali e tensioni interne alla Chiesa, l’elezione di Prevost ha segnato una svolta storica e simbolica: un Papa che viene da lontano, non solo geograficamente, ma anche per sensibilità culturale e visione pastorale. Un Papa di cui si conosce poco, che ha parlato poco, ma che unisce in sé molte sfaccettature, fin dalla loggia di San Pietro cui si è affacciato l’8 maggio. Statunitense, ha parlato italiano e spagnolo ma non inglese. Ha citato Francesco ma non si è chiamato Francesco. Si è detto successore di Pietro, non di qualche Papa. Ha scelto il nome antico e tradizionale di Leone ma così ha anche richiamato la dottrina sociale della Chiesa. Uomo di curia ma anche pastore. Espressione dell’occidente ma spintosi a lavorare nelle periferie. Nordamericano ma missionario in Sudamerica. Ha iniziato mettendo subito al centro del suo discorso la pace ma ha specificato che è quella di Cristo e non quella retorica. Ha indossato stola e mozzetta, ma con evidente umiltà. Ha sorriso e pianto. Chi è dunque Leone XIV? Attraverso una narrazione coinvolgente e documentata, il saggio ricostruisce le tappe della sua formazione, le esperienze missionarie, il rapporto con le sfide della contemporaneità: dalle disuguaglianze sociali al cambiamento climatico, dalla crisi della fede in Occidente al dialogo interreligioso. Ma, soprattutto, esplora il profilo di un uomo ancora avvolto nel mistero: saprà mediare tenendo unita la Chiesa ma allo stesso tempo coinvolgere il mondo? Prevarrà l’anima del riformatore o quella del custode prudente della tradizione? Sarà un uomo dell’Occidente o un riferimento per i popoli emergenti?

Seduto per un caso del destino nello stesso posto che era stato assegnato a Jorge Mario Bergoglio nel Conclave del 2013, il cardinal Robert Francis Prevost ha la testa tra le mani. Faceva respiri profondi, e ha accettato una caramella offertagli dal vicino di banco che aveva notato il suo stato. Il suo nome si ripeteva con ritmo serrato, una scheda dopo l’altra. Appena si è arrivati alla fatidica soglia di 89 voti necessaria all’elezione, i cardinali sono scattati in piedi con una festosa ovazione. Ma lui invece è rimasto seduto, sotto il peso di quello che stava accadendo. Forse a quel punto non del tutto inatteso, ma non per questo meno travolgente. Secondo alcune indiscrezioni, il nome ha continuato a ripetersi andando ben oltre i cento voti su 133. O almeno queste sono le “rivelazioni” uscite dal Conclave, inconfermabili perché come è noto vige il più rigido segreto su quello che accade dentro la Cappella Sistina, pena la scomunica. Anche se poi questa cosa a posteriori non ha mai retto molto, è sufficiente a rendere difficile distinguere la verità dai ricordi falsati, dalle imprecisioni e anche dai racconti volutamente distorti, per un motivo o per l’altro.

Quel che si può dire con certezza è che Robert Prevost era un nome che circolava tra i papabili, quelli di riserva, ma raramente era dato in prima fila. Errore, non solo in base a quello che ormai è storia dopo la fumata bianca dele 18.07 dell’8 maggio 2025. Ma perché studiando quanto mi è stato possibile per preparare questo volumetto con l’obiettivo di aiutare a conoscere chi sia questo nuovo Papa venuto da oltre Atlantico mi sono reso conto che il suo era un profilo quasi da predestinato. Uno che corrispondeva perfettamente al profilo che era emerso per guidare il futuro della Chiesa. A molti ora si attribuisce il merito della sua elezione, dall’ala conservatrice a quella più bergogliana, dai cardinali americani a quelli non occidentali, dai curiali esperti di governo e diplomazia a chi vuole più collegialità. E allo stesso tempo – seppur isolate – al nuovo Papa arrivano attacchi e critiche preventive da tutti gli estremi. Ebbene, forse il viatico migliore per lui, che dimostra come sia una persona di equilibrio, capace di gettare ponti dentro e fuori la Chiesa, di ascoltare tutti ma di prendere decisioni, di affrontare la pace in un modo più profondo che retorico.

Un Papa che unisce in sé l’esperienza di  più mondi, che tutto sommato ha parlato poco fino ad ora ed è stato lontano dai riflettori, ma nel frattempo ha saputo essere contemporaneamente nel cuore del governo della Chiesa e in missione alla sua periferia, negli uffici e nelle chiese, guida e pastore, diplomatico e decisore. Un uomo, un sacerdote, che unisce in modo forse difficilmente ripetibile una piena esperienza del natio mondo degli Stati Uniti, del mondo marginale pienamente vissuto in America Latina, e del mondo europeo in cui si è formato. Un solido religioso agostiniano, come ha già sottolineato più volte, uno stile che unisce scienza e amore, intelletto e carità, austerità e bonomia. Un mondo che scorre così forte nelle sue vene che secondo alcune indiscrezioni avrebbe voluto essere il primo Papa a chiamarsi Agostino, ma poi come è successo ad altri prima di lui si è fatto convincere a puntare su un nome più tradizionale.

Ora le sfide che Leone XIV ha davanti sono tante, ma è stato eletto proprio per affrontarle. Dalla secolarizzazione dell’Occidente al tema di una Chiesa divisa tra spinte ultraprogressiste da un lato e la paura di confrontarsi col mondo di oggi dall’altro. Dal dramma della pace ferita alle questioni sociali vecchie e nuove che ormai attraversano tutto il mondo, compreso l’occidente. Dalle migrazioni alla questione climatica da un lato, ma dall’altro anche alla necessità di mantenere gli occhi della Chiesa puntati su Cristo senza cedere alle tentazioni di snaturare la fede degli apostoli. Dalla necessità di ridare un governo solido alla Chiesa per fermare le spinte centrifughe alla volontà di aprire sempre più al chiesa davvero a tutte le comunità del mondo.

La sua storia sembra far pensare che Papa Leone XIV abbia idea di come comportarsi e di quali siano le vere priorità per portare la Chiesa nel futuro che però è anche eternità. E sembra ne abbia anche le competenze e l’esperienza, con l’aiuto della Madonna che ha subito voluto chiedere pubblicamente. Le sue poche parole sembrano aver avuto subito un forte impatto. Ora saranno le sue scelte a parlare.

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