Chiamare o non chiamare? La lezione del barbone e dell’ambulanza che non arriva
Circa una settimana fa, di sera, nostro figlio Matteo, appena uscito di casa, ci ha richiamato con voce preoccupata dicendoci:  “Mamma, Babbo c’è un uomo per terra davanti a casa, non si muove”.
Siamo scesi. Un uomo sulla cinquantina, pelle scura, vestiti logori, giaceva accanto alla fermata del bus. Respirava, e reagiva pochissimo, in stentato italiano, alle nostre poche domande immerso in un tanfo quasi insopportabile.
Abbiamo chiamato il 118.
Due ore. Due ore ad aspettare l’ambulanza, a controllare che quell’uomo non avesse un malore, a chiederci se stessimo facendo la cosa giusta.
Quando finalmente sono arrivati, i due soccorritori hanno sospirato guardandomi con occhi di disapprovazione: “Ancora lui. Lo conosciamo, fa così per farsi portare in ospedale”. Uno mi ha quasi rimproverato: “La prossima volta ci pensi, è un falso allarme”.
Non vi nego che sono tornato a casa doppiamente turbato, anche per il rimprovero subito e quindi, confrontandomi pure con mia moglie, anche lei coinvolta in questa situazione, a una settimana di distanza sapete che vi dico? Ci ho pensato e pregato su e rifarei tutto uguale.
Quante volte abbiamo visto qualcuno per terra e abbiamo pensato “Sarà ubriaco”? Quante volte abbiamo delegato ad altri la responsabilità di aiutare?
Mio figlio ha scelto di avvisarmi. Io ho scelto di chiamare. E se non l’avessi fatto? Se avessi pensato “Tanto è solo un barbone”?
Il vero fallimento non è la chiamata “inutile”. È l’indifferenza che diventa normale.
“È un cliente noto”: ma perché?
I soccorritori hanno ragione: il sistema è intasato da casi come questo. Ma se un uomo preferisce l’ospedale al marciapiede, dov’è lo scandalo?
Lo scandalo è che non ci siano alternative. Che i dormitori siano pieni, che i servizi sociali non riescano ad agganciare chi è in strada da anni. Che l’unico modo per avere un pasto caldo sia fingersi malato.
Cosa insegno a mio figlio?
Gli dico: “La prossima volta non chiamare, tanto è inutile”?
No. Gli dico che a volte aiutare è complicato, che il sistema è lento, che non tutte le storie finiscono bene. Ma che nessun uomo merita di essere ignorato, nessun uomo merita due ore da solo sul marciapiede sotto casa.
Sabato scorso notte non ho sprecato un’ambulanza. Ho sprecato l’occasione di capire che non possiamo delegare tutto allo Stato e quindi, anche da queste pagine de ilcentuplo, penso sia utile ricordare che è nostro dovere di cittadini:
- Sostenere chi opera in strada
- Pretendere servizi migliori
- Non smettere mai di chiamare, anche se il sistema è stanco.
Perché un giorno, quell’uomo a terra potrebbe essere tuo padre. Tuo figlio. Tu.
E allora, spererai che qualcuno non ci pensi due volte prima di chiamare.
