Contro l’eutanasia: il diritto di vivere, fino all’ultimo respiro
La cultura dominante vuole imporre il suo falso diritto di scegliere tra la vita e la morte, di autodeterminarsi sul destino del malato, decidendo se vivere o morire. Ma la vita ha un valore intangibile e prezioso, per cui tale scelta non può applicarsi. L’unico diritto è quello alla vita, dalla nascita fino alla morte naturale. Lo racconta molto bene il libro di Giorgio Gibertini, “L’amico con la elle maiuscola”.
Parla di un amico, anzi dell’Amico, che si ammala di SLA (sclerosi laterale amiotrofica), una malattia che impedisce i movimenti. Rara, con un’incidenza annuale molto bassa, attualmente colpisce circa 6000 persone in Italia. Colpisce entrambi i sessi, ma con una prevalenza maschile.
Il diritto di questi malati e delle loro famiglie è di avere il supporto del Servizio Sanitario Nazionale, istituito nel 1978, per garantire cure a tutti in tutte le fasi della malattia.
Mentre si parla di fine vita, i malati vogliono semplicemente vivere. Questo libro ha il pregio di descrivere la realtà del malato, fatta di sentimenti, affetti, famiglia, amicizia e cure, anziché di discorsi ideologici, di “spine staccate” o di autodeterminazioni – più adatte ai talk show televisivi che alla realtà.
Il malato terminale non possiamo guardarlo da spettatori, come se fosse un destino estraneo a noi. Perché, ricordiamolo, presto o tardi toccherà anche a noi.
Ciò che più mi ha colpito di questo libro è il valore dell’amicizia, quella vera: una presenza costante ma discreta, quell’esserci senza retorica (“se hai bisogno, io ci sono”). Quell’amico che ti dà il coraggio di fare il grande salto, e che un mondo individualista come il nostro fatica a comprendere.
Alessandra Di Laora

