buongiorgioeditorialisolo cose belle

Quando portavamo gli aiuti umanitari nella ex Jugoslavia

Ho portato aiuti umanitari coordinando e poi guidando 7 spedizioni in Bosnia Erzegovina tra il 1994 e il 1995, in piena guerra. Passavamo 4 frontiere ogni volta e, organizzati per tempo e con i permessi giusti, siamo sempre arrivati a destinazione, noi e i pacchi viveri che portavamo nei camion prima per le famiglie di Trogir (Croazia), poi per l’Ospedale di Mostar (Bosnia) e in ultimo per una scuola di Vrapcici (Serbia).

C’era da stare attenti e i rischi erano altissimi ma seguendo le istruzioni della Cooperazione Internazionale, molto si poteva fare e abbiamo fatto, nel silenzio generale dei media e, come noi, tantissimi altri gruppi provenienti da tutta Europa.

Una sola volta abbiamo messo la testa fuori da dove potevamo stare (letteralmente la testa sopra la trincea di sacchi di sabbia) e uno sparo repentino, in aria per fortuna, ci ha fatto scappare a gambe levate. Non eravamo lì per provocare ma per consegnare.

Consegnare quello che nei mesi precedenti raccoglievano fuori dai supermercati, dalle parrocchie, nelle piazze, tra la gente rendicontando sempre tutto al nostro ritorno, sapendo che la mano che dona deve essere più timida di quella che riceve.

Eravamo un gruppo variegato di persone: uomini e donne, di destra e di sinistra, che si pagavano il viaggio di tasca loro, consapevoli che se fosse successo qualcosa nessuno sarebbe venuto a prenderci ma siamo andati lo stesso perchè eravamo convinti, io per primo, che dovevamo cambiare il mondo e non restare inerti davanti a quello che succedeva a due passi da casa, dall’altra parte dell’Adriatico.

Il mondo che abbiamo cambiato, per quanto mi riguarda, è stato il nostro, il mio e sicuramente in parte quello dei bambini della Scuola di Vrapcici perché la mia più grande soddisfazione è stata quella di sapere che l’iniziativa è andata avanti a lungo, e sicuramente meglio, anche dopo di me con una vera e propria “adozione”, da parte del mio comune di origine (Novate Milanese), di quella scuola.

E di questo ancora ne sono grato a distanza ormai di trenta anni.

Molto di questo l’ho raccontato in un libro (“Sretan Put – Buon Viaggio” – che se volete vi posso spedire) e in tanti incontri nelle scuole o in altri luoghi.

Tutto questo serbo ancora nel mio cuore e nelle mia mente e oggi, sballottato dai fatti di cronaca, è tornato a galla per essere condiviso con voi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *