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Film “La mafia uccide solo d’estate” di Pif. Riconoscere la bellezza!

La vedete quella ragazza? Si chiama Flora, e per me è la ragazza più bella del mondo. Io sono innamorato di lei da quando eravamo bambini, cioè da circa vent’anni“. Sono la parole di un giovane innamorato, di un giovanotto introverso ed impacciato, che non ha mai avuto l’occasione di dichiarare il suo sentimento a Flora, perché “siamo a Palermo“. Qui “la mafia ha da sempre influenzato la vita di tutti, ed in particolar modo la mia“.

A parlare è Arturo Giammarresi (interpretato da Pif, che è anche il regista del film), aspirante giornalista palermitano, che nel raccontare la sua vita, non può non rendersi conto di come la mafia abbia notevolmente influenzato la sua vita, sin dal suo concepimento, avvenuto il 10 dicembre 1969, lo stesso della mattanza di Viale Lazio. Alcuni poliziotti, ma senza esserlo (la comitiva era composta dai signori D’Agostino, Provenzano, Caruso, Bagarella e Grado), vollero fare “una sorpresa” al signor Michele Cavataio, noto boss mafioso. Ad organizzare la singolare ed inaspettata visita di cortesia fu  Totò Riina, futuro capo di Cosa Nostra. Da quel momento le strade di Cosa Nostra e di Arturo sono destinate ad intrecciarsi diverse volte.

Arturo è figlio di due persone comuni di Palermo, padre impiegato e madre casalinga, con buone speranze e tante aspettative dalla vita. I due genitori però si preoccupano del perché il piccolo Arturo ancora non si decide a parlare, e che la sua prima parola sia stata “mafia”, quando Fra’ Giacinto fa visita alla famiglia per le benedizioni di Pasqua. Fra’ Giacinto era uno dei tanti affiliati di Cosa Nostra, fiero sostenitore di Vito Ciancimino e dei poteri criminali della città.

Crescendo il piccolo Arturo comincia a rendersi conto che a Palermo nulla è come sembra: ad esempio un padre che gioca con la sua piccolina appena nata all’ospedale non può che essere un uomo con un gran cuore (in realtà è Toto Riina), e che gli uomini uccisi dalla mafia vengono etichettati come uomini disonorati che inquietano le donne di altri, e pertanto quelli altro non sono che delitti passionali, e niente di più. Arturo si innamora di Flora, e quando questa si iscrive nella sua stessa scuola, lui comincia a temere il peggio per sé stesso. Ma venendo a verità dell’equivoco, Arturo comincia ad interessarsi a come poter conquistare Flora. Un giorno, vedendo la televisione, si ritrovò davanti Giulio Andreotti intervistato da Maurizio Costanzo, che fece una surreale confessione, quella cioè di aver corteggiato sua moglie al cimitero. Ed è così che Andreotti comincia a diventare un costante punto di riferimento per Arturo, affascinato dalla figura del politico democristiano, e convinto che in qualsiasi evenienza passionale lui possa essergli utile. Arturo si veste da Andreotti alla festa in maschera della scuola per il carnevale, ritaglia tutte le fotografie di Andreotti dal giornale, chiede a suo padre di portarlo al comizio di Andreotti come regalo per la promozione, si fa regalare il poster di Andreotti, e lo segue in qualsiasi situazione. Ma i tentativi di conquistare Flora si rivelano fallimentari.

Arturo non demorde, e tenta in tanti altri modi. Una mattina incontra al bar un signore, che gli offre un’iris alla ricotta. Quel signore era il commissario Boris Giuliano. Arturo comincia quindi a comperare delle iris da offrire ogni giorno in forma anonima a Flora, ma una strana casualità porterà Flora a credere che sia un altro ad offrirle le iris. E quando Arturo si decide a regalare l’iris senza nascondersi, quella mattina la mafia uccide Boris Giuliano. Arturo crede che il commissario sia stato ucciso dai proiettili scoppiati nelle iris, poiché il banco del bar era crivellato di colpi. Ma l’omicidio di Boris Giuliano fu l’inizio di una sanguinosa guerra di mafia che si perpetrava a Palermo. Riina decise di uccidere chiunque si frapponesse tra lui e il comando della città, dai funzionari integerrimi come Giuliano, pronti a combatterlo, ai clan rivali.

Arturo questo non può ancora saperlo, e quindi tenta di riconquistare Flora facendole credere che nell’appartamento di suo nonno si nasconde un boss mafioso, ma questi altro non è che un giornalista, piuttosto scomodo, inviato dal suo giornale a Palermo ad occuparsi di sport.  Col tempo questo giornalista di nome Francesco diventerà un vero e proprio amico di Arturo, deciso di diventare un giornalista, anche perché così lui può scrivere quello che vuole. Ma la realtà è che spesso i giornalisti sono costretti a scrivere quello che vogliono…

Ad Arturo però un giorno capita un’occasione particolare, quella cioè di vincere un concorso per il giornale locale, e di diventare giornalista per un mese per il Giornale di Sicilia. Così un giorno si presenta dal Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, inviato a Palermo per combattere il fenomeno mafioso. Al Generale, Arturo sottopone una minuziosa intervista, partendo da una considerazione di Andreotti: l’emergenza criminalità in Campania e in Calabria. Pertanto chiede al generale: “Non ha per caso sbagliato regione?”. La realtà è che il Generale Dalla Chiesa sta combattendo una vera e propria guerra alla mafia, e per vincere una guerra c’è bisogno di un esercito. Arturo però nota che in questura non ci sono che poliziotti senza cappello e ambienti vuoti. E quando il Generale Dalla Chiesa viene ammazzato, Arturo capisce che Andreotti non era una buona fonte, e per di più al funerale del Generale, Andreotti non c’era, perché “ai funerali lui preferisce i battesimi”.

Nello stesso tempo però il pool antimafia, capeggiato dai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, inizia un’intensa indagine per smascherare le operazioni di Cosa Nostra. Questo però coincide con la partenza di Flora per la Svizzera, poiché suo padre, il Dottor Guarnieri, proprietario di una banca influente e che pratica il riciclaggio. Flora viene mandata in Svizzera “perché là non ci sono i giudici”. Arturo attua un disperato tentativo di persuadere Flora a non partire, scrivendole “ti amo” sotto il portone di casa. Quel messaggio però Flora non lo leggerà mai, ma lo leggerà il consigliere istruttore Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia da un’autobomba. Il Dottor Chinnici era l’unico a conoscere il sentimento di Arturo per Flora.

Arturo aveva perso la sua Flora, e aveva deciso di non guardare più alcuna donna. Nello stesso tempo a Palermo i cittadini scoprirono che la mafia esisteva davvero, e glielo fecero scoprire i Giudici Falcone e Borsellino, istruendo i maxiprocesso a Cosa Nostra. Per la prima la mafia fu condannata in un tribunale.

Il film fino a questo punto ha osservato il fenomeno della mafia dagli occhi puri e limpidi di un bambino: l’innocenza e la mostruosità, i sentimenti buoni e l’ambiguità messi in un percorso di surreale contrasto. Straordinaria la sottolineatura che Pif fa dell’umanità dei vari personaggi che hanno combattuto la mafia, personaggi che non sono eroi nel senso tecnico del termine, ma in un’umanità volta al bene comune come fonte di coraggio e di bellezza. L’eroe che combatte la mafia non è il serioso funzionario, ma l’uomo che sorride, che sa tenere il segreto di un bambino innamorato, che sa gustare i sapori della vita. Di contrasto la mafia viene ridicolizzata, ma anche intravista nella sua apparente normalità. Il mafioso non è il laido personaggio televisivo, ma può essere il padre che gioca con i bambini, il moralista tutto d’un pezzo che difende valori alti come matrimonio e famiglia, il vecchio incapace di far funzionare la tecnologia, e si fa forza del qualunquista lamentoso, che si occupa solo del suo privato e si rifugia in parole vuote (tipo la mafia non uccide di inverno, ma solo d’estate).

Dopo anni Arturo, diventato grande, ottiene un posto di lavoro come aspirante giornalista in una tv locale, e lì incontra nuovamente Flora, che nel frattempo è diventata la segretaria personale di Salvo Lima, tornato a Palermo per le elezioni. Flora decide di affidare ad Arturo il racconto giornalistico della campagna elettorale della Democrazia Cristiana, ed in particolare il sostegno che sta dando Lima al partito. Ma è qui che si decide anche il destino di Lima, che viene ucciso dalla mafia, poiché non ha mantenuto l’impegno con Cosa Nostra circa le sentenze del maxiprocesso. Questo ennesimo evento tragico però stavolta fa aprire gli occhi a Flora. E quando finalmente Riina capì come “far funzionare un telecomando”, esattamente il 23 maggio del 1992, all’altezza di Capaci, le auto del Giudice Falcone, di sua moglie, e della sua scorta, saltarono per aria, così come in Via d’Amelio saltò per aria il Giudice Borsellino, il popolo finalmente capì che la “mafia è una montagna di merda” (come disse anni addietro il mai dimenticato Peppino Impastato”. “Fuori la mafia dallo stato“, era l’urlo della folla lasciata fuori dalla Cattedrale di Palermo durante i funerali del Giudice Borsellino. Una folla arrabbiata, stanca delle continue prepotenze di Cosa Nostra, e della copertura di politici e notabili.

Quando sono diventato padre ho capito due cose: la prima che avrei dovuto difendere mio figlio dalla malvagità del mondo; la seconda che avrei dovuto insegnargli a riconoscerla“. Ma Arturo non mostra a suo figlio la bruttezza del volto dei mafiosi, non lo meritano, ma la bellezza di chi ha combattuto la mafia, di chi ha donato la sua vita, perché da bambino lui ha sempre e solo amato, e vuole che suo figlio sia un innamorato. Ѐ impossibile non lasciare scorrere le lacrime guardando le ultime immagini di questo film bellissimo. Lacrime di gratitudine e di amore per chi ha amato e conservato il bene. “Nessuno ha un amore più grande di chi da la sua vita per gli amici” (Gv 15,13).

 

locandina

 

Un pensiero su “Film “La mafia uccide solo d’estate” di Pif. Riconoscere la bellezza!

  • Giorgio Gibertini

    Ciao pasquale,
    Ho appena visto questo film in viaggio per Milano. Stupendo. Sto piangendo sul Frecciarossa ma ho deciso che lo rivedrò coi miei figli.
    Grazie

    GiorJolly

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