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La trasfigurazione di Gesù. Dio si rivela all’uomo per attrarlo a sé

Il racconto della chiamata di Abramo e la rivelazione di Gesù come Figlio prediletto di Dio, sul monte santo, sono i due punti focali della liturgia ella parola di questa seconda domenica di Quaresima. Abramo parte dalla sua patria, come il Signore gli ha ordinato, con questa promessa:”farò di te un grande popolo”. Ecco il frutto della fede, che diviene operosa e che trasforma la vita. In realtà la sua fede sarà messa a dura prova, ma la sua fedeltà a Dio rimarrà un esempio per tutti gli uomini. Credere in Dio in modo di Abramo vuol dire lasciarsi guidare dalla sua parola.

Per quanto riguarda Gesù, oggi infatti egli si rivela a noi nella sua trasfigurazione. Ce lo presenta il Padre come il Figlio amato: è a lui che dobbiamo aderire; è sulla sua parola che la nostra vita deve essere programmata. Quindi, dopo l’appello di Gesù, domenica scorsa, a vincere le tentazioni con l’arma della parola di Dio, la seconda tappa del cammino quaresimale sta sotto il segno dell’ascolto e dell’obbedienza. Queste due categorie vengono scoperte alla luce dell’esperienza di Abramo e della parola-rivelazione del Padre:”Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo” Nel linguaggio biblico, “ascoltare” vuol dire udire, esaudire, obbedire. Questo significa che l’ascolto deve sfociare nell’esaudire, nell’obbedire e nell’agire. E l’esistenza del credente consiste in un ascoltare Dio, cioè in un accogliere la sua parola per metterla in pratica, la quale è spesso una chiamata alla conversione. Il vangelo della Trasfigurazione di Gesù è la seconda rivelazione della sua identità filiale, dopo la prima avvenuta all’occasione del suo battesimo.

In tutti e due gli eventi, la voce del Padre presenta Gesù come Figlio prediletto. L’aspetto nuovo della Trasfigurazione è l’invito all’ascolto del Figlio. E’ Dio Padre che offre la propria garanzia ai rappresentanti dei discepoli: Gesù, suo Figlio, il diletto, è il profeta che devono ascoltare. E’ lui la Parola, il Vangelo, l’inabitazione e la tenda o la presenza di Dio tra gli uomini, colui nel quale abita e risuona la parola del Padre.

Mosè ed Elia, personificazione rispettiva della legge e dei profeti, convengono presso Gesù. La loro comparsa accanto a Gesù conferma che il tempo dell’attesa e della promessa è compiuto. Al termine resta solo Gesù, perché basta solo lui come dottore della legge perfetta e definitiva, e come compimento di tutte le attese. Nell’episodio della Trasfigurazione, che si colloca dopo il primo annuncio della passione, sono coinvolti solo tre discepoli, che forse sarebbero capaci di custodire il segreto di questa teofania. Sulla conversazione tra Gesù e i due uomini, Mosè ed Elia: parlavano della sua sofferenza e della sua morte vicina., e probabilmente loro confortavano Gesù. La voce del Padre sembra anche un incoraggiamento in previsione della Passione. Il Padre invocato a gran clamore durante la notte di Getsemani non risponderà, perché aveva già risposto nel Tabor. E poiché gli apostoli dovevano vederlo posto tra le mani dei nemici durante la Passione, fosse stato bene che l’avessero visto prima nella gloria della Trasfigurazione.

Adesso tutte le precauzioni sono prese, e Gesù può andare al suo destino. L’esperienza della Trasfigurazione è stata breve, quasi un frammento, ma è stata una esperienza di illuminazione, di speranza e di ripresa di coraggio. La Trasfigurazione di Gesù è preludio alla sua risurrezione. Associando alcuni discepoli alla Trasfigurazione, Gesù vuole farci capire che anche i nostri corpi mortali sono chiamati a un destino di trasfigurazione e di vita in Dio. Ne segue dunque che la Trasfigurazione va oltre l’episodio avvenuto sul “monte Santo”. Anche di noi Gesù è il vero “trasfiguratore”: Egli vuole renderci sempre più e sempre meglio conformi a Lui.

Pietro vorrebbe eternizzare questo momento privilegiato della Trasfigurazione ed invita a rimanere lì. Propone di costruire solo tre tende: una per Gesù, una per Mosè e un’altra per Elia.; però niente per lui, né per Giacomo né per Giovanni. Questa proposta sembra definire o circoscrivere il ruolo primordiale dei discepoli: catturare, prolungare, oppure eternizzare quella luce così rassicurante, e fare la guardia delle tende che corrispondono in realtà alla legge, ai profeti e al vangelo, cioè a tutta la rivelazione, a tutta la Sacra Scrittura. Da tutto quanto detto, possiamo dedurre che la nostra vita ha senso solo se cammina di giorno in giorno verso quella Trasfigurazione, che avviene ascoltando il Figlio prediletto del Padre, che ci parla nel vangelo e nei nostri cuori. Beati noi se sapremo ascoltare, con cuore obbediente come Abramo, la voce del Figlio prediletto che ci invita in questi giorni quaresimali alla penitenza e alla conversione, e la voce del Padre che anche a ciascuno di noi ripete la grande parola: “Anche tu, sei il mio figlio prediletto”.

 Don Joseph Ndoum                     1ª lettura Gen 22,1-2.9 * dal Salmo 115/116 * 2ª lettura Rom 8,31b.34 * Vangelo Mc 9,2-10

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