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E se Dante fosse un nuovo Gabriele pronto ad annunciare Maria?

Da qualche anno il 25 marzo è diventato ufficialmente il Dantedì, in quanto buona parte degli studiosi concorda sul fatto che probabilmente fu in quel giorno che, ormai 721 anni fa, Dante Alighieri iniziò il suo viaggio di conoscenza e redenzione attraverso i tre Regni dell’Aldilà. Quest’anno, poi, il Dantedì merita un’attenzione particolare, dal momento che sono trascorsi 700 anni dalla morte di Dante (FI, 1265- RA, 1321).

Il 25 marzo, però, per i Cristiani, è anche data di un’altra ricorrenza (persino un po’ più importante del viaggio di Dante): l’Annunciazione. Prima di gridare allo scandalo (“Dante ruba la scena a Maria e Gesù!”), proviamo a capire se, al contrario, proprio ricordando Dante possiamo comunque celebrare degnamente l’Annunciazione.

Come tutti sanno, Dante immagina di compiere un doloroso e faticoso viaggio nell’Aldilà durante la Settimana Santa del 1300 e lo racconta in tre cantiche (Inferno, Purgatorio, Paradiso), per un totale di 99 canti più uno introduttivo al poema nel suo complesso. Poiché Dante-personaggio compie questo viaggio in nome di tutti gli uomini, portandoli con sé in un cammino che deve portare alla presa di coscienza del peccato e delle sue conseguenze, ma anche alla liberazione da esso e alla salvezza, è ovvio che le tre cantiche siano attraversate dalla presenza di Dio, un Dio implacabile e imponderabile nell’esercitare la giustizia, ma anche un Dio capace di soccorrere i propri figli in difficoltà. Meno noto è, probabilmente, il fatto che, a partire dal canto XXIII del Paradiso, la figura dominante nel cammino di salvezza di Dante è la Madonna (che in realtà è già citata nel canto II dell’Inferno, insieme a Lucia e Beatrice, per aver voluto che Virgilio soccorresse Dante).

Non c’è blasfemia in questo: la Madonna non è superiore a Dio; il suo ruolo, però, è diverso. Nonostante alcune delle feste mariane e i dogmi riguardanti Maria siano divenuti ufficiali all’interno della Chiesa cattolica in tempi piuttosto recenti (Immacolata Concezione nel 1854 e Assunzione nel 1950), la devozione a Maria è antichissima e risale ai primordi della Chiesa. Il motivo è semplice: pur nella sua perfezione, Maria è – perfettamente – umana; Maria è una di noi; Maria ci capisce; Maria è madre e conosce la sofferenza. Quasi spontaneamente, quindi, già i primi Cristiani cominciarono a rivolgersi a lei proprio come si farebbe con la mamma per ottenere qualcosa dal papà, certi che si sarebbe fatta portavoce e mediatrice in favore dei propri figli. Proprio in questo senso Dante ha bisogno di lei al termine del suo viaggio: nonostante Beatrice (che per lui rappresenta la teologia), nonostante san Bernardo (notoriamente grande devoto della Vergine), Dante non potrebbe avere nemmeno una fugace visione della Trinità, se non fosse Maria stessa a guidare e sostenere il suo sguardo.

Maria è presenza delicata e silenziosa (come in vita) per tutta la Commedia. Come detto, è una delle tre donne che mandano Virgilio in soccorso di Dante, ma è anche colei il cui nome viene celebrato nel XX del Purgatorio come esempio di generosità. In buona sostanza la figura di Maria si fa lentamente strada nel corso del poema, diventando sempre più presente man mano che Dante si avvicina all’Empireo, dove lei sarà pronta a sostenerlo nella prova definitiva. Ci sono, però, due passi in particolare che possono ricollegare il Dantedì all’Annunciazione.

Il primo si trova nel canto X del Purgatorio (vv 34-45). In questo canto sono puniti i superbi e, sulla parete interna della cornice su cui essi si trovano, sono scolpiti grandi esempi di umiltà. Il primo di questi (non in senso cronologico, perché alcuni sono precedenti, bensì per importanza) è proprio la scena dell’Annunciazione. Dante dice di vedere, come se l’avesse davanti:

L’angel che venne in terra col decreto

de la molt’anni lagrimata pace,

ch’aperse il ciel del suo lungo divieto.

L’Annunciazione è dunque il momento in cui Dio concede agli uomini una pace implorata da tempo e con essa apre loro del porte del Paradiso, ma questa pace non sarebbe stata possibile, se Maria non avesse accettato (“Ecce ancilla Dei”) di essere colei ch’ad aprir l’alto amor volse la chiave. La salita del Purgatorio, il vero e proprio inizio del cammino di espiazione, inizia quindi per Dante sotto l’egida di Maria, così come era iniziato (seppur in modo più indistinto) per opera di Maria anche il cammino di presa di coscienza del peccato dell’Inferno.

L’Annunciazione è, però, il momento in cui Dio si fa carne nel grembo di Maria, quindi nel Paradiso, canto in cui la poesia si fa solenne al massimo grado e vengono affrontati i punti più difficili della teologia e della fede cristiane, arriva il momento di spiegare perché l’Incarnazione sia stata necessaria per salvare definitivamente gli uomini. Nel VII canto (e poi anche nel XXVI) Dante spiega che Dio ha dovuto far incarnare e poi morire il proprio Figlio per consentire agli uomini di redimersi dal peccato originale perché tale atto in sé era stato così oltraggioso che mai gli uomini, con le proprie sole capacità, avrebbero potuto umiliarsi altrettanto e ottenere così il perdono. Certo, questo passo è incentrato sull’Incarnazione e la Passione di Cristo, ma non dimentichiamo che nulla di questo sarebbe stato possibile senza il “sì” di Maria, quel “sì” che fa sgorgare dal cuore di san Bernardo la splendida preghiera alla Vergine che apre il XXXIII canto (quello che si chiuderà con la – fugace – visione della Trinità). Qui di Maria si dice (vv 1-21):

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

[…]

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti sì, che ’l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

[…]

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia e a te non ricorre,

sua disïanza vuol volar sanz’ ali.

In te misericordia, in te pietate,

in te magnificenza, in te s’aduna

quantunque in creatura è di bontate.

Il canto in cui Dante “conosce” Dio si apre quindi in realtà con una lode a Maria, colei che ha accettato di soffrire le doglie del parto e il dolore della morte del figlio (attesa e temuta per 33 anni) affinché Dio diventasse Uomo per la salvezza degli uomini. Questo è il ruolo che Maria non ha mai cessato di ricoprire: farsi carico del dolore per lenirlo, per aiutare, per salvare i suoi figli, per perorare le loro cause agli occhi e alle orecchie di quel Dio di cui ha accettato di essere ancella.

Ecco, dunque, che non c’è contrapposizione tra il profano Dantedì e la sacra Annunciazione. Dante ha celebrato la santità di Maria in tutta la Commedia. Maria, esplicitamente nominata o meno, lo protegge con il suo mantello dal primo passo verso l’Inferno all’ultimo sguardo verso la Trinità e protegge noi con lui. Ricordare Dante il 25 marzo non può dunque che portarci a pensare – anche – alla gloria di Maria, che ha permesso a Dante di partire e tornare per donarci quello scrigno prezioso che è la Divina Commedia.

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