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Megalomania, vattene via! (introduzione al Vangelo della Domenica)

La Buona Novella – Introduzione al Vangelo della Domenica

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO / B – Mc 10,35-45

Megalomania, vattene via!

Non ha fatto in tempo Gesù a raccomandare ai suoi discepoli che è quasi impossibile per un ricco – alla lettera “possidente” nell’originale greco – entrare nel Regno di Dio, che due di loro, per giunta fratelli, avanzano la proposta di poter occupare i primi posti nel Regno dei cieli. Una richiesta assurda ed anche a primo colpo bizzarra. Il catechismo chiama questo intimo desiderio megalomane “vanagloria”, la psicologia lo definisce narcisismo; Papa Francesco in Evangelii gaudium lo reputa atteggiamento di “mondanità spirituale”. Questo culto di sé eccessivo e smodato di Giacomo e Giovanni trova eco nell’indignazione degli altri dieci, che non sembrano indignarsi per il tipo di domanda rivolta al Maestro, ma sono adirati perché a loro avanzerebbe il terzo posto minimo del podio ultraterreno nella gloria di Dio. Qui siamo di fronte ad un peccato più grande del perfezionismo etico del ricco dei Domenica scorsa: ricordiamo che l’angelo che volle prendere posto al di sopra della gloria di Dio è Satana, il Divisore, il Superbo per eccellenza.

E i Boanerghès, i figli del tuono (come venivano chiamati i due figli di Zebedeo), ci sono vicino.  La superbia che sta intaccando il cuore dei due discepoli fa presa su ciò che di buono c’è nel nostro cuore stravolgendolo in una dinamica distruttoria e competitiva al contempo. Stravolge il dono di “essere come Dio” perché ciò diventi una pretesa senza l’aiuto e la grazia di Dio stesso. Il che, evidentemente, è impossibile. La superbia non è solo un peccato ma è anche un assurdo ontologico, una follia, una mancanza di amore

“Voi non sapete quello che chiedete”, risponde perentoriamente Cristo. Al veleno della vanità dei discepoli Gesù offre la medicina del calice della passione, a rimedio di questo male antico e sempre presente: la seduzione della gloria. La sete di potere. La bramosia della grandezza. Che nelle forme storiche dei totalitarismi nei culti dei dittatori ha assunto la forma del delirio di onnipotenza. Ma tra di noi, cristiani, battezzati, non è così. Non è una esortazione. È una affermazione. Noi siamo uomini. Humus. Terra. Se la terra si chiude al cielo non riceverà l’acqua della vita e della salvezza. L’uomo che non beve l’acqua di Cristo, non si lascia amare nella sua fragile debolezza non può ereditare il Regno nella casa del Padre. L’umiltà ci dispone a ricevere gratuitamente e con fiducia la grandezza di Dio che, come recitiamo nel Magnificat, “guarda la piccolezza della sua serva” e che dona i posti a sedere nel suo Regno ai poveri e agli ultimi, a chi si fa servo per amore.

Buona Domenica!
don Domenico Savio

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