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L’incontro – un racconto di Benedetta Bindi

Ciò che sta davanti a noi, ciò che sta dietro di noi, sono inerzie in confronto a
ciò che sta dentro di noi.

Oliver Wendell Holmes

Marcello era appena salito in aereo, aveva trenta sette anni, e nella testa troppi pensieri. Lo si notava dalle rughe decise al centro della fronte, poco sopra l’attaccatura del naso. Indicavano una perdita di pace. Quella infatti, non gli apparteneva più da tempo. La sua vita era nel caos, e odiava anche volare, così aveva stemperato la tensione, al bar dell’aeroporto. Due martini gli era scivolati nello stomaco, come fossero acqua. Ora tutto gli appariva, leggermente più gestibile.

Si era appena seduto al posto vicino al finestrino, quando un messaggio sul telefono, lo avvisava di una nuova email. L’aprì e non
era nulla di buono, una rata da pagare, per la sua bella auto, comprata in un impeto di irrazionalità. Una sua caratteristica, che l’aveva cacciato più volte nei guai. Da quando si era separato, i soldi erano qualcosa che rincorreva, senza esserne mai sazio. La casa in l’affitto, le spese per mantenere sua figlia, le cene, qualche regalo ad un’amica, gli prosciugavano il portafogli. Spense il telefono, tra meno di un’ora, sarebbe atterrato a Palermo.

Una profonda malinconia gli prese allo stomaco, al ricordo di zia Emilia, l’ultima donna rimastagli, che gli volesse ancora bene. Era morta, due giorni prima. Lasciandolo più solo, di quanto ultimamente si sentisse. Aveva chiuso due relazioni, che teneva in piedi senza saperne nemmeno il motivo. Mentre Beatrice, sua figlia adolescente, non lo abbracciava più, non lo chiamava, e voleva vederlo pochissimo. Era troppo era arrabbiata con lui. Aveva saputo, perché era stato cacciato di casa da sua madre: un tradimento, e nemmeno il primo. Ora dentro a quell’aereo, al pensiero di dover parlare con i parenti, della fine del suo matrimonio, provava il desiderio buttarsi in volo.

Leggero e sereno senza più pensieri, sospeso sopra al mondo. Tutti i suoi cugini, erano sposati e parecchio credenti e bigotti. Lui aveva agito come l’impulso gli suggeriva di fare, perché l’unico Dio al quale credeva, era lui stesso. Aveva iniziato a boicottare la messa della domenica, già dall’adolescenza, quando aveva perso sua madre. Era cresciuto con l’idea che la vita va vissuta, perché nulla rimane per sempre, tranne i ricordi. Trovare conforto pregando, era ridicolo. E chi poi? Qualcuno che gli aveva tolto il suo bene più caro! Che rimaneva impassibile di fronte ai mali del mondo? Lui spesso la notte non dormiva. Rimaneva ore a guardare il soffitto, sveglio con i suoi pensieri, o a cercare il respiro, quando gli veniva a mancare. Ma non altro. Credeva nella fede del nulla. Nasciamo, moriamo, tutto qui.

Un prete prese posto vicino a lui, il loro gomiti si toccarono, cosa inevitabile nei ristretti spazi, degli aerei low cost. In altre circostanze, gli avrebbe dato un certo disagio. Quel giorno invece, grazie l’alcol ingerito, gli sembrò più che tollerabile. Anzi aveva voglia di parlare, anche per distrarsi dal volo. Il parroco si presentò: “Buona sera, Don Salvatore”. Era moro, con un bel volto, e due occhi verdi che sprigionavano gioia. Marcello si presentò stringendogli la mano. Poi riprese a parlare: “Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora, dal Vangelo di Matteo. Scherzo era per dire, godiamoci questo viaggio, non assaporiamo mai bene questa vita. Stare tra le nuvole è meraviglioso. Mica capita tutti i giorni, non trova?”

A lui venne naturale ribattere: “Io avevo poco tempo, altrimenti mi sarei risparmiato l’aereo, mi da agitazione. E di questi tempi, mi basta la mia”.

Iniziarono a parlare, del più e del meno, fino a trattare temi seri: “La morte di mia madre, l’ho sempre vissuta come un’ingiustizia, aveva solo trentasette anni. Sua sorella per la quale ho preso l’aereo, perché vado al suo funerale a Palermo, aveva ottantasette, a lei è andata meglio. La vita è assurda, abbiamo tutti i giorni contanti. Il mio cane non li conta, io li conto. E penso a quelli che mi restano da vivere, e non sopporto quelli che ho perso: con mia figlia, mia moglie, ormai ex. Ho combinato bei casini, e ora mi domando se ne è valsa la pena. Sono separato, e in procinto di divorzio Don. Sono quello che si direbbe: un cattivo cristiano”.

Il parroco rispose: “Forse nulla è perso, prega, alcune volte le situazioni possono riprendersi.”

Marcello si sporse verso il finestrino: “Non credo proprio, Raffaella non vuole vedermi, figuriamoci rimettersi con me. Non si fida più, la capisco. E la religione poi… Sempre con l’idea del peccato in ogni cosa, è troppo per me. Poi non mi sembra che la Chiesa sia tanto pulita, ha tanti scheletri nell’armadio”.

A quel punto il prete sorrise e gli disse: “Anche coloro che operano all’interno della chiesa, sono umani, e peccano. Gesù non ha mai
giudicato nessuno, era umano anche lui, ma coraggioso. Lui non è scappato difronte alla morte, però l’ha temuta. Nel Getsenami, il suo corpo trema, come accade per ogni uomo quando una prova appare troppo grande. La prima invocazione, è umana: «Restate qui e vegliate con me» (Mt 26,38). Invoca la presenza dei suoi compagni, di non essere lasciato solo. Non è qui Dio che supplica, ma l’uomo. Non è forse umanissima questa domanda? Non è la stessa domanda che tua figlia ti faceva, la sera da piccola prima di addormentarsi? Lui ha poco più di trent’anni, è nel pieno della vita, come lo sei tu, e nella prima preghiera a suo padre, è uno di noi, gli chiede di vivere ancora, di allontanare dalla sua bocca, il calice amaro della morte. Chiede di risparmiargli la vita, perché il cuore della sua predicazione è la vita, lui insegna che ciò che ha valore è la vita, quando è viva Marcello. Lui non è interessato al buono o
al cattivo. A Gesù interessa se la tua esistenza è viva. E già comprendere che hai sbagliato, con tua moglie, con tua figlia, è una grande conquista. Tu prega ascoltami, fino a quando non rincontrerai la donna che avevi sposato. E se veramente la ami, e sei sincero, lei lo capirà. Ma questo puoi saperlo solo tu, cosa provi davvero nel profondo. Gesù è interessato se tu sai generare frutti. Cadere nel peccato è: non sapere amare, la vita avida. L’amore sconvolge sempre il nostro ordine, e quello per il Signore ancora di più. Prega e vedrai, ti si aprirà un mondo. Provaci. Tu ora sei come San Tommaso, che vede Gesù risorto e non crede sia lui. Mette il dito nel costato, e Gesù lo lascia fare per convincerlo, si presta alla prova di questa stupidità umana. La fede non dipende dalle prove. Non vivere di rimpianti, non guardare all’indietro, o se lo fai solo per benedire tutto, anche i tuoi sbagli. Ora puoi riscattarti, abbiamo sempre un’altra possibilità. Vai dalla tua ex moglie, appena rientri a Roma. Porta lei e tua figlia una giornata al mare, o dove vuoi, fai in modo che stiano bene, dai tutto il tuo amore, tutto quello che possiedi”.

Marcello ascoltava, con le mani serrate come in preghiera, con gli indici che gli toccavano il naso. L’hostess diceva di allacciare le cinture, che a breve sarebbero atterrati all’aeroporto di Palermo, ma la sua mente era altrove, girato verso il finestrino guardava in silenzio il panorama. Don Salvatore chiuse la cintura di entrambi. Quando le ruote dell’aereo toccarono il suolo, lui si svegliò dai suoi pensieri, guardò il prete con gli occhi lucidi, e gli disse solo una parola:

“Grazie”.

Don Salvatore lo vide avviarsi verso l’uscita dell’aeroporto, e abbracciare un uomo. Sorrise, era felice, quell’incontro gli aveva fatto dire parole, che avevano aperto delle porte in Marcello, soprattutto quelle stanze chiuse dove la sua vita era rimasta fino ad allora intrappolata.

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