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Italo Calvino e l’intelligenza artificiale: un visionario della letteratura

Italo Calvino è stato uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, noto per la sua capacità di esplorare i confini della narrativa e di creare mondi fantastici e originali. Calvino però non è stato solo un maestro della fantasia, ma anche un attento osservatore della realtà e della cultura del suo tempo. In particolare, Calvino ha mostrato un grande interesse per la scienza e la tecnologia, soprattutto per la cibernetica, la scienza che studia i processi di comunicazione e controllo tra gli esseri viventi e le macchine.

In un saggio intitolato “Cibernetica e fantasmi”, pubblicato nel 1980 nella raccolta “Una pietra sopra”, Calvino si interroga sulla possibilità di creare un automa letterario, capace di generare testi narrativi seguendo delle regole combinatorie. Calvino si ispira agli esperimenti di cibernetica condotti da Norbert Wiener, Claude Shannon e altri scienziati, che hanno dimostrato come sia possibile trasmettere, elaborare e memorizzare l’informazione attraverso dei codici binari. Calvino si chiede se sia possibile applicare lo stesso principio alla letteratura, e se sia possibile creare una macchina che possa produrre storie a partire da un insieme finito di elementi.

Calvino non si limita a formulare questa ipotesi ma cerca anche di immaginare come sarebbe un tale automa letterario, e quali sarebbero le sue caratteristiche e le sue limitazioni. Calvino ipotizza che un automa letterario dovrebbe essere in grado di combinare tra loro dei simboli, dei personaggi, delle situazioni, dei temi, dei generi, dei toni, dei punti di vista, dei tempi e dei luoghi, seguendo delle regole di coerenza e di variazione. Lo scrittore immagina anche che un automa letterario dovrebbe essere dotato di una memoria, di una capacità di apprendimento, di una sensibilità ai feedback e di una certa dose di casualità. Calvino, infine, si domanda se un automa letterario sarebbe in grado di creare delle storie originali, significative e belle, o se si limiterebbe a ripetere degli schemi prevedibili e banali.

E’ evidente a tutti noi, cari lettori, che con il suo saggio Calvino anticipa di molti anni il fenomeno dell’intelligenza artificiale, che oggi è diventato una realtà sempre più presente e influente nella nostra società. L’intelligenza artificiale è infatti in grado di svolgere compiti sempre più complessi e sofisticati, che prima erano considerati esclusivi dell’intelligenza umana. Tra questi compiti, c’è anche quello di generare contenuti creativi, come poesie, canzoni, immagini, codici e, naturalmente, testi narrativi.

Oggi esistono diversi esempi di intelligenze artificiali che producono storie, sia brevi che lunghe, a partire da dei dati, da delle parole chiave, da delle immagini o da dei prompt (richieste) forniti dall’utente. Queste intelligenze artificiali si basano su dei modelli matematici e statistici, che analizzano e imitano il linguaggio e lo stile di vari autori, generi e fonti. Queste intelligenze artificiali sono in grado di creare delle storie coerenti, grammaticalmente corrette e talvolta sorprendenti, ma sono anche soggette a degli errori, a delle incongruenze e a delle ripetizioni.

Si legge in “Cibernetica e fantasmi”: “penso a una macchina che metta in gioco sulla pagina tutti quegli elementi che siamo soliti considerare i più gelosi attributi dell’intimità psicologica, dell’esperienza vissuta, dell’imprevedibilità degli scatti d’umore, i sussulti e gli strazi e le illuminazioni interiori. Che cosa sono questi se non altrettanti campi linguistici, di cui possiamo arrivare a stabilire lessico grammatica sintassi e proprietà permutative?

[…] il banco di prova d’una macchina poetico-elettronica sarà la produzione di opere tradizionali, di poesie con forme metriche chiuse, di romanzi con tutte le regole.

La domanda che ci si può porre, allora, è la stessa che si poneva Calvino: queste storie generate da intelligenze artificiali sono davvero letteratura? Hanno un valore artistico, culturale e sociale? Esprimono una visione del mondo, una sensibilità, una creatività? Oppure sono solo dei prodotti meccanici, privi di senso e di bellezza?

La risposta a queste domande non è semplice, e dipende da molti fattori, tra cui il contesto, il pubblico, lo scopo e il criterio con cui si valutano queste storie. Ci sono sicuramente delle differenze tra le storie generate da intelligenze artificiali e quelle scritte da esseri umani, ma ci sono anche delle somiglianze e delle interazioni. Le intelligenze artificiali, infatti, non sono isolate, ma sono influenzate e alimentate dagli esseri umani, che le creano, le usano, le modificano, le valutano e le interpretano. Le intelligenze artificiali, inoltre, non sono statiche, ma sono dinamiche e in continua evoluzione, grazie alla loro capacità di apprendere, di adattarsi e di migliorare.

Calvino, con la sua visione, ci invita a riflettere su questi aspetti, e a non avere paura o pregiudizio nei confronti delle intelligenze artificiali, ma a considerarle come delle sfide, delle opportunità e delle risorse per la letteratura e per la cultura e ci suggerisce di non vedere le intelligenze artificiali come delle minacce o delle sostituzioni degli esseri umani, ma come delle collaboratrici e delle stimolatrici della nostra creatività e della nostra fantasia.

Calvino ci propone di non rinunciare alla nostra capacità di inventare, di raccontare e di sognare, ma di arricchirla e di ampliarla con le nuove possibilità offerte dalle intelligenze artificiali.

Calvino, insomma, ci dimostra di essere stato un visionario della letteratura, capace di anticipare e di comprendere i cambiamenti e le trasformazioni del nostro tempo e ci offre una lezione di apertura, di curiosità e di innovazione, di cultura e arte, che possiamo ancora seguire e apprezzare oggi.


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