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Il miracolo dell’insegnamento che passa dall’affetto

In casa, siamo freschi freschi di una serata meravigliosa, anzi magica: per la festa internazionale dei diritti della donna, la scuola media del paese ha organizzato l’esibizione del coro di voci bianche che, guidato dalle professoresse di educazione musicale, ha riempito il teatro di emozioni. I ragazzi, circa una ventina, si sono fatti trovare pronti e preparati su alcuni brani poetici e su altri divertenti con il gran finale In piedi (di Elisa). Una serata piena solo di cose belle che vale davvero la pena scrivere per farle restare.

Innegabile innanzitutto la commozione di tutti i presenti. Le note, le parole, le voci hanno risuonato in ognuno dei presenti. E c’era davvero bisogno in questo momento storico così segnato dalle notizie di cronaca, di sugellare la data dell’8 marzo con speranza, dolcezza, tenerezza. Vedere vicini sullo stesso palco, ragazze e ragazzi che mentre si affacciano alla preadolescenza, si impegnano e si rispettano con tocchi di mani appena percettibili è stata la più bella delle danze.

Palpabile anche la grande complicità con gli altri studenti, che pur non facendo parte del coro, erano presenti in teatro a fare il tifo. Creare circoli virtuosi è anche questo: sostenere l’impegno, cercare il miglioramento, proteggere dall’errore, esserci in quello che per gli amici è importante.

In terzo luogo, finalmente ho visto le famiglie di nuovo vicine ai figli: schiere di mamme con il cellulare in alto per fare i video, plotoni di nonni a sgomitare per sedere in prima fila, fratelli più piccoli e cugini più grandi disponibili a condividere…e facciamolo sentire il nostro affetto che nessuno è troppo grande per poter rinunciare ad una base sicura.

Ed ancora, la squadra, la condivisione degli sforzi, degli intenti: pranzi al sacco, prove su prove, gaffe e risate, lacrime e diarree ma un unico grande abbraccio, un unico grande sentire. Fare squadra è allenare all’empatia: ciò che il compagno di coro sente lo sento anche io e non posso sovrastare o ignorare…devo continuare a sentire…sentire l’altro inevitabilmente diventa importante per me…e non per avere l’applauso finale di cui mi sono anche dimenticato ma per essere certa che il mio fratello stia bene…

Per ultimo, ed arrivo al titolo, secondo me l’elemento più bello della serata è stata la presenza in prima fila di tutti i professori dei ragazzi…professori di tutte le materie e di tutte le sezioni: erano emozionati, eleganti ed ingaggiati. Gli occhi lucidi dei docenti erano fissi sui ragazzi: il loro sguardo teneva e sosteneva i giovani artisti. In quello sguardo c’era orgoglio, c’era investimento, c’era fiducia, c’era speranza. C’è chi è convinto che il miglior apprendimento derivi dalla sofferenza o dalla paura. Pur se è innegabile che nelle difficoltà possano sbocciare risorse e resilienze è pur vero che ricevere un’educazione, anche scolastica, autoritaria e severa può lasciare tracce di insufficiente affetto, evidenti insicurezze e mancati riconoscimenti. Ed è un attimo costruire cicatrici e difese, magari sotto i colpi dell’ansia e del cortisolo. E’ decisamente più funzionale passare per la gioia, insegnare essendo cultori di possibilità. E’ decisamente più bello crescere sotto lo sguardo di chi ti dice “provaci perché per me vali”. E’ decisamente più efficace accendere curiosità. Per insegnare bisogna emozionare, diceva Maria Montessori. Niente di più vero.

Al termine dello spettacolo, i ragazzi sono scesi dal palco e sono stati abbracciati prima dai professori che dai genitori e quanto questo sia positivo, costruttivo e meraviglioso è al limite dello scandaloso. Così come è scandalosamente incoraggiante per noi genitori, sempre un po’ in affanno, avere un’alleanza con un corpo docenti così speciale. Finalmente una scuola degna di questo nome.

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