chiesasolo cose belle

A Gorla ci sono diciassette suore clarisse e tanta disponibilità all’ascolto

E così salta fuori che a Gorla, dalle parti di Milano, la gente vada a parlare in convento.

Non ce la spedisce nessuno, ci va coi piedini propri e la propria volontà, in cerca di una cosa su tutte: ascolto.

E così si scopre che il mondo corre la corsa del chi si ferma è perduto, e poi a una certa qualcuno sull’orlo dello sfinimento ha il genio e fa “scusate ma dove cappero stiamo andando?” e la risposta collettiva è più o meno “boh, lascia stare, pensa a correre”.

E così capita che a quello a volte la risposta vacua non basti più.

Perché arriva la stanchezza, le tranvate della vita, le incertezze sentimentali, gli amici che fanno il vuoto pneumatico attorno quando smetti di performare, quando la salute va in vacca, e il conto in banca smette di essere la tua soddisfazione.

Ma a Gorla ci sono loro. Diciassette clarisse di clausura al servizio della preghiera e degli altri, hanno dai 29 ai 102 anni, e pure quest’ultima lucidissima continua a dettare le mail per rispondere alle tante domande di senso, che se non arrivano di persona arrivano per posta elettronica.

E la cosa eccezionale, stupenda, spettacolare, è che loro ridono.

Di gusto. Eh già. Sanno farlo, e sanno anche ascoltare che è voce del verbo amare.

E di questi tempi pazzi e frenetici, amano più queste sorelle con un’ora di tempo e ascolto che uno che ti regala un anello da Tiffany.

Altra cosa favolosa. Vivono la fraternità secondo l’esempio di santa Chiara e San Francesco.

Non sono sole, nonostante abbiano momenti quotidiani di silenzio e solitudine. Ma sono profondamente accompagnate, l’una con l’altra e tutte insieme verso il cielo.

Bisticciano, discutono e poi fanno pace, perché ci credono, che la pace umile e la comprensione vicendevole siano chiavi di volta dell’Amore che ama loro.

In sintesi, queste donne non comprano cose per avere una scarica di dopamina, non ne hanno bisogno. Pregano, ascoltano gli altri, vivono la sorellanza. Questa è la loro vita, sovrabbondante di senso.

A giudicare da come stiamo messi noi fuori, stanno meglio loro.

A chi si chiede come mai le clarisse sappiano ridere di gusto, suggerisco di andare e vedere.

Potrebbero accaderne delle belle.

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