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Gesù invita tutti ad entrare “per la porta stretta”

Il tema di questa domenica è dato dalla prima lettura tratta dal libro di Isaia. Questo brano si chiude con una visione di grande respiro ecumenico. Il profeta parla di una processione al monte Sion, dopo il ritorno dall’esilio, dove sorge il tempio del Signore ricostruito. Ne fanno parte gli israeliti, ma anche i rappresentanti di tutti i popoli. Infatti, è il contatto con altri popoli, religioni e culture che stimola questo processo di ripensamento universale, da parte di Israele, della propria esperienza religiosa.

In questa processione ideale, i popoli vengono al monte del tempio del Signore per essere integrati nel corteo trionfale del popolo di Dio: tutto sembra ancora collocato dentro un orizzonte etnocentrico. Tuttavia l’oracolo si chiude con un’affermazione ardita che annuncia il superamento di queste barriere tra Israele e i popoli: “Anche tra essi mi prenderò sacerdoti e leviti”. Queste parole danno compimento alla speranza di salvezza universale che percorre l’insegnamento dei profeti e si esprime in alcuni salmi. Se ne ha un esempio nel più piccolo dei salmi, scelto come commento della prima lettura di questa domenica: Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria. Forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno”.

Lo stesso tema appare nel brano evangelico. Uno della folla rivolge una domanda a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”. L’interrogatore pensa probabilmente ai suoi connazionali, poiché non poteva immaginare i pagani nella vita eterna e beata, tra gli eletti. Gesù non risponde direttamente ma invita tutti ad entrare “per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno”. Egli enuncia piuttosto la condizione per salvarsi: lo sforzo.

La porta stretta è quella che conduce alla salvezza o alla vita eterna. Quindi uno dei criteri fondamentali dell’autenticità della vita cristiana consiste nel suo coefficiente di difficoltà o, se si vuole di scomodità. Il termine greco utilizzato per dire lo sforzo da fare per entrare nella sala delle nozze comporta l’idea di lotta e di combattimento. In modo chiaro, si tratta di fare penitenza, e urgentemente. Una vita cristiana addolcita, imborghesita, facilitata, dove viene eliminato tutto ciò che può recare fastidio, è solo un’illusione. Ci vuole un impegno sempre più arduo. Gesù commenta questo invito con una breve parabola che ricorda quella più ampia di Matteo sulle dieci vergini: “Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma Egli vi risponderà: non vi conosco, non so di dove siete”.

Durante questa esclusione non vale vantare legami di familiarità e di sangue, l’origine e i precedenti rapporti di contiguità. La “discriminazione” sarà fatta in base al tempo dell’arrivo. Quindi il dialogo che si svolge alla porta tra il padrone di casa e coloro che sono fuori consiste nell’esame della conoscenza reciproca e della qualità dell’agire. Quando le relazioni con Gesù sono puramente esteriori, senza una comunione intima di pensieri e conformità di vita al col suo insegnamento, la salvezza risulta difficile. “Là ci sarà pianto e stridore di denti…”. Si tratta di una scena di delusione e di disperazione degli esclusi nei confronti della situazione dei santi della loro nazione: Abramo, Isacco, Giacobbe e i profeti.

C’è una altra situazione ancora più dura riguardante i nuovi chiamati (dall’oriente e occidente, da settentrione e da mezzogiorno) che prendono parte al banchetto del regno di Dio. “Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi”. Si tratta qui di una logica dell’agire sovrano di Dio nella storia di salvezza che vale non solo per i cristiani del tempo di Luca ma anche per quelli del nostro tempo. Nessuno può contare soltanto sul suo privilegio della sua appartenenza ecclesiale. L’unica cosa che conta è l’accoglienza umile di Gesù e del suo insegnamento, accompagnata da uno stile di vita coerente.

Don Joseph Ndoum

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