Voglio la neve
So benissimo che porta disagio, in particolare per chi viaggia, ma ho sempre amato la neve.
Questo amore penso di averlo ricevuto sin da quando sono nato, a gennaio, nel periodo più freddo dell’anno. Quando a Milano, nei freddi inverni di un tempo, in una notte, potevano cadere anche trenta centimetri di neve. Mi è sempre piaciuto veder cadere i grossi fiocchi, come di bambagia, saltare cercando di acchiapparli con la bocca.
Ricordo quando, da bambino, mia mamma mi veniva a svegliare esclamando: “Su, nevica”. E di colpo mi precipitavo alla finestra per vederla scendere dal cielo grigio, leggera e silenziosa. Mi metteva allegria e mi faceva sognare cose che non avevo mai visto.
Poi mi precipitavo nei giardinetti sotto casa, perché la volevo vedere ancora incontaminata, prima che quella coltre, morbida e bianca, venisse calpestata. E più tardi, con gli amici, giocare a palle di neve e costruire pupazzi con una carota al posto del naso, due patatine in sostituzione degli occhi e un profondo segno fatto col dito, al posto della bocca.
Infine con gli slittini che andavamo a prendere a noleggio.
I ricordi, le emozioni vissute durante l’infanzia e la prima giovinezza spesso lasciano segni indelebili.
Voglio vedere scendere la neve per mettermi alla prova. Se non mi emozionerò più, saprò che sto invecchiando.
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