famigliapedagogia

Il falso mito del poliamore

Sono davvero colpito nel constatare che “poliamore” oggi è una parola che sta diventando molto di moda. Essere poliamorosi comporta intrattenere più relazioni sentimentali e sessuali contemporaneamente, in base al principio che amare una sola persona limita il nostro potenziale espressivo, amoroso, affettivo e sessuale.

Così come il nostro libro “Appartenersi” (Mondadori ed.) celebra il valore della stabilità in un relazione affettiva, presupponendo che essa sia monogamica, ci sono oggi disponibili libri che celebrano il valore del poliamore. Alla base di questo modello di affettività ci starebbe il principio secondo il quale gli esseri umani non sono fatti per la monogamia e che a molti può capitare di desiderare di esprimere amore verso più persone contemporaneamente.

La cosa che mi colpisce davvero tanto è che il poliamore viene presentato e proposto come qualcosa che rappresenta una vera possibilità di felicità. Implica che fin dalla sua nascita, la coppia sia aperta all’esperienza del poliamore. I partner si impegnano ad avere una relazione aperta e non esclusiva.

Uno dei miei quesiti più grandi è come la psicologia possa avallare questo modello di coppia affettiva. Molti specialisti ne parlano, la spiegano alle persone e nei media, la rendono attraente. Poi, chi incontra coppie in crisi nella propria pratica professionale, maneggia con regolarità il tremendo dolore sperimentato all’interno di relazioni in cui l’amore viene contaminato da relazioni multiple.

Si celebra il poliamore, lo scambismo sessuale come se fossero modelli e pratiche da sperimentare. Perché non provarci? Perché non vivere anche questo tipo di esperienza? Molti specialisti in area psicologica e sessuologica parlano di queste pratiche come se fossero normalizzabili e senza effetti collaterali e indesiderati. Ma questa narrazione normalizzante non racconta mail il senso di vuoto, isolamento, dislocazione verso se stessi e l’altro che queste esperienze a volte portano in chi le vive. Moltiplicare il fronte di relazioni intime e sessuali in cui ci dirigiamo potrebbe avere anche effetti indesiderati e collaterali. Potrebbe farci sentire ancora più soli, tristi, isolati, depressi. Potrebbe portare il partner a non riconoscere più in noi il soggetto con cui stare in una relazione d’amore. Perché la sessualità è prima di tutto intimità. E l’amore – anche se pensi che non sia cosi – quasi sempre chiede di essere esclusivo.

Ora molti colleghi scriveranno chiedendo prove scientifiche di ciò che affermo. Davvero ci vuole una conferma scientifica all’affermazione che l’amore stabile e monogamo è fonte di maggiore felicità di quello poliamoroso o scambista? Davvero, invitare due innamorati a promettersi fedeltà invece che la sperimentazione di una coppia aperta vuol dire limitare il potenziale di noi esseri umani?

So con certezza che scrivere oggi queste parole, affermare queste verità significa automaticamente diventare il bersaglio di critiche infinite. Alcune di queste critiche screditano intorno al pregiudizio religioso (il solito paolotto, bigotto, conservatore). Altre screditano intorno al pregiudizio scientifico (ma come non conosci quella review evidence-based? Qual è la letteratura scientifica alla base delle tue affermazioni?).

Mi tengo tutte le critiche. Ma se devo dare un consiglio a chi mi ha letto fin qui, ho una sola cosa da dirvi: se volete essere davvero felici in amore, evitate poliamorosità e scambismo.

Nel libro “Appartnersi. Perché l’amore per sempre è una risorsa” (Mondadori ed.) provo a motivare tutto questo con la teoria dell’attaccamento di Bowlby e la piramide dei bisogni di Maslow. Cosa dite? Non sono abbastanza evidence-based? Allora, scusate la mia ignoranza.

Il dibattito sull’amore oggi è ampio e confuso. Se pensate che quanto affermo in questo post, possa servire a fare chiarezza, condividete.

Alberto Pellai

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *