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Per i giovani vandali le scuse non bastano, servono “pene” più educative

La perdita di senso è un attimo.

Dieci minuti prima sei a scuola che ascolti il prof, dieci minuti dopo sei in una chiesa a scardinare il tabernacolo, bestemmiare, buttare a terra robe.

Senza senso.

Un’overdose di vuoto esistenziale.

Dei ragazzini della provincia di Bari tra gli undici e i dodici anni fanno uno scempio in chiesa, poi vanno con i genitori a scusarsi.

Ok.

E uno le scuse le accetta pure, ci mancherebbe.

Ma per amore ai nostri ragazzi, che non sanno più come manifestare il loro smarrimento più totale (diventare violenti o buttarsi nel vuoto da un balcone sono solo step in progressione) forse qualcosa in più di accettare delle scuse va fatto.

Forse una società di adulti responsabili si prende la briga di dire ok, scuse accettate.

Ma adesso ti porto in un reparto oncologico pediatrico.

E ti dico ecco, da oggi dai sollievo a chi sta qua dentro e soffre. Tutti i giorni. Vieni qua e leggi storie a questi bambini, li fai giocare, gli tieni la testa quando vomitano. Vai a prendere un caffè ai loro genitori stanchi e sfatti.

Adesso ti porto in una comunità di recupero per ex tossicodipendenti.

Ti faccio lavorare con loro negli orti, nei laboratori di falegnameria. Ti faccio spiegare cosa succede quando la vita te la devi ricostruire pezzo pezzo, con le unghie e con i denti, perché è troppo bella per lasciarla andare.

Adesso ti porto in montagna. Te la faccio scalare tutta, fino in cima. Ti faccio sentire il dolore dei muscoli, il fiato corto, e dopo la fatica nera stai lì, osserva dalla cima l’immensità tutta attorno. E ti lascio assaporare il gusto di dire ce l’ho fatta.

Oppure ti porto in un carcere, in un convento di clausura, in una mensa della Caritas. Ti faccio incontrare gente che il senso della vita te lo spiega senza spiegartelo, basta che ci stai assieme.

Solo che ci vuole tempo. Ci vuole qualcuno che questi ragazzi se li porti dietro. E c’è.

Ci sono educatori fantastici, che salvano i giovani dal nulla cosmico degli schermi dei cellulari, dei porno, delle mezze giornate alla play.

Quindi, o aiutiamo gli educatori, o diventiamo educatori.

Oppure sentiamoci responsabili di questo schifo, né più né meno.

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