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Santa Elisabetta d’Ungheria: chi ha dipiù dia a chi non ha

Santa Elisabetta d’Ungheria, giovane giovane, dai quattordici ai ventiquattro anni in uno sputo di spazio temporale, visse l’ottovolante: la ricchezza il matrimonio tre maternità la vedovanza la povertà la malattia, concludendo il giro con una morte precocissima.

Semplice e innamorata del marito dei figli e del prossimo, umile pure con la servitù, vedova a vent’anni con tre figli rifiuta di risposarsi, di fare la nobile consacrata o di vivere di agi, e spiazzando tutti costruisce un ospedale per i poveri con le ultime ricchezze che i cognati (bei tipi loro) le lasciano. In quell’ospedale resta a vivere facendo quello che aveva sempre fatto, aiutare i poveri e i malati fino alla fine.

Elisabetta ci aveva visto lungo, quel fraticello suo contemporaneo conosceva la perfetta letizia meglio di chiunque.

Perciò oggi Elisabetta dall’alto apprezzerà questa storia che parla di un’umanità possibile.

Di un uomo di Milano che per lavoro posa i pavimenti, i parquet. E gli piace pure. Ma alle spalle ha chissà che genere di infanzia, che lo porta a iniziare a fumare a otto anni, a cedere a vizi pesanti da giovane, a fare una figlia che non lo riconosce come padre, a inanellare storie sbagliate, beccandosi nel mezzo due ictus e una gamba malandata.

Finisce a Bergamo, Manuele, a vivere negli ultimi tre anni sulla panchina del centro commerciale, a dormire nell’autolavaggio di fronte, senza dare fastidio, accettando col sorriso la sorte degli sconfitti che prendono la pioggia il vento e il giorno di Natale lo passano da soli in rosticceria.

Eppure qualcuno vuole bene a quest’uomo senza futuro.

Qualcuno si ricorda che pure chi ha sbagliato, e paga per quegli sbagli, ha una dignità e non merita l’indifferenza.

Così i dipendenti del Conad gli danno sempre una mano, i clienti gli consentono un pasto al giorno, il direttore del centro commerciale fa in modo che possa stare lì sulla sua panchina, in una quotidianità umile.

E poi, arriva un anonimo benefattore.

Che regala a Manuele una roulotte per dormire, lavarsi e cucinare.

Chi ha di più dia a chi non ha. Così, semplicemente.

Santa Elisabetta docet.

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