nomadelfia

Solo dalla Giustizia può nascere la Pace annunciata dagli angeli la Notte di Natale

Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia… “.
Solo dalla giustizia, infatti, può nascere il fiore di quella pace che gli angeli hanno annunciato la notte di Natale. L’umanità, spesso sfruttata e strumentalizzata, ora sotto l’incubo dello sterminio nucleare, invoca l’avvento di quell’epoca messianica che il profeta Isaia aveva intravisto, quando: ” Il lupo dimorerà insieme con l’agnello; forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci”.

Ecco come don Zeno, parlando in piazza a Caorle (Venezia) durante una “serata di Nomadelfia” invitava il popolo a prendere coscienza della sua responsabilità, per arrivare finalmente a vivere una vera giustizia portatrice di pace.

Discorso di don Zeno nella piazza di Caorle (Venezia) – 24 agosto 1972

Buona sera. Così concludiamo questo nostro incontro con un’idea che spero portiate a casa nel vostro spirito, nel vostro cuore, ed è questa: bisogna credere che esiste storicamente una responsabilità di popolo.
Noi facciamo presto a dare la responsabilità ad altri, ma la vera responsabilità è la somma di tutte le nostre attività personali, che si unificano in un solo popolo, che esprime un costume, un’idea, una virtù.
lo ho avuto questa luce del Signore di cominciare a dare un esempio di una nuova civiltà. Se l’umanità non la vede, non la farà mai, se non vede che un blocco di abitanti sulla terra si mettono a realizzare un popolo veramente preciso nelle sue aspirazioni, che sia in grado di concretizzare e soddisfare alle esigenze che sono di tutti.
Siamo tutti uguali. Guardate, noi abbiamo tutti una intelligenza più o meno valida, noi abbiamo tutti l’aspirazione di capire le cose, di comprenderle; poi sentiamo che abbiamo una volontà che ci spinge a realizzare. Quando le cose vanno male è chiaro che noi non soddisfiamo alle nostre esigenze.
Abbiamo tante esigenze: quella di amare, quella di essere tranquilli, di essere giusti, perché l’ingiustizia fa cadere le cose, rovescia i termini. Quando ogni tanto sentite che si prepara una guerra, si sente nell’aria che le cose non vanno bene; non ci si intende tra noi e allora è necessario studiare questo benedetto uomo.
Abbiamo queste esigenze della pace, della giustizia, quindi: opus justitiae pax (la pace è opera della giustizia). La pace viene dalla giustizia, non dai patti famosi che fanno i grandi Stati, i grandi capi di Stato in certi momenti; è tutta gente che ha la rivoltella carica sul tavolo. Parlano ma non si mettono d’accordo nella giustizia fraterna: il più forte vince e domina gli altri.


In tutte le cosiddette paci o concordati tra i popoli c’è sempre questo grande guaio che i più forti si impennano sugli altri. Perché non preparare ai nostri figli di domani una civiltà diversa? Io credo che è possibile, tanto che cominciai a 14 anni. Ho detto: bisogna fare una nuova civiltà vivendo col popolo, nel popolo; fargli vedere che si può essere fratelli, che si può essere giusti, che si può essere generosi, che si può amare, che si può essere liberi da qualsiasi oppressione anche speculativa, liberi da qualsiasi egoismo.
Adesso la civiltà è questa: si va a lavorare e c’è subito differenza di paghe. Ma questo non è giusto! Io vi porto un esempio molto semplice: se un ingegnere fa un bel disegno di un ponte, poi lo mette sull’acqua, certo coi camion non si passa di li. Manca qualche cosa. Il suo disegno vale quando saltano fuori gli operai a fare il ponte. Si passa quando l’ingegnere e fraternizzato a tutti gli altri lavoratori e fanno il ponte insieme.
Ma quando è fatto il ponte, perché l’ingegnere vuole più dell’operaio, giacché uno era necessario all’altro? Se fossero fratelli, se fossero figli della stessa famiglia, questo non accadrebbe. Perché siamo così fuori dal ragionamento, dalla logica?
Siamo illogici! Io non capisco perché quel bambino lì sia diverso da quell’altro là! Perché quel signore li deve essere diverso da quell’altro. Perché io diverso da voi! Perché non diventiamo semplici a vedere le cose come sono? Appena vai a lavorare e pretendi più dell’altro, tu scavalchi l’altro. Ognuno ha il suo stomaco, ha le sue esigenze, ha bisogno della casa.
Giacché sono bisogni di tutti, è chiaro che bisogna cambiare rotta. Questo fatto non persuade tanto, perché è così forte l’egoismo umano, che è un cancro maledetto che fa la guerra (applausi).


Ho chiesto ai miei ragazzini, i più piccolini: tu ragazzino, perché quando hai fame vuoi mangiare? Dice: perché se non mangio muoio! Ah si, l’hai capita alla svelta. E se ha fame lui? Anche lui se non mangia muore. E quello li? Anche lui! Tutti? Sì, sì. Tutti noi.
Allora facciamo un giro sulla terra, andiamo a vedere in una città: tutti quelli là hanno bisogno di mangiare? Sì. E se non mangiano? Muoiono! Andiamo in un’altra città, passiamo i mari e torniamo qua. Dico: allora tutti hanno bisogno di mangiare? Sì!
Ma come si fa a trovare il cibo? Noi abbiamo una tenuta, la lavoriamo e allora i ragazzini vedono e dicono: bisogna coltivare i campi. Non c’è da dire: dar da mangiare agli affamati! Ma cosa volete dare da mangiare ad un affamato?
È questione che bisogna produrre del grano, bisogna produrre le cose, bisogna lavorare, produrle e saperle dividere. Ma appena uno ha una tenuta e fa 10.000 quintali di grano dice: è mio! È tuo? Ma tu non hai fatto niente, nessuno di noi ha fatto tanto da poter dar da mangiare a tutto il mondo.
I bambini, che sono più semplici e più intelligenti di noi, dicono: bisogna lavorare i campi. Se qualcuno è padrone di campi, di terre, di tenute, ha il diritto di non seminare il grano e così la gente rimane senza mangiare? No, dicono, fa peccato mortale.


Hanno spostato subito – nella loro intelligenza – da un fatto a una esigenza fino a colpire colui che non lavora la terra perché non dà da mangiare agli affamati…
Voi sapete che buttano milioni di quintali di grano nel mare. Voi sapete che buttano sotto i cingoli dei trattori migliaia e migliaia di quintali di frutta. Ma che siamo diventati noi? Stiamo a vedere queste cose e non sappiamo reagire! Noi leggiamo il giornale: guarda che roba! No. È tempo di cambiare civiltà…
Concludo così, guardate: ho cominciato a 14 anni, adesso ne ho 72, dunque è un bel po’ di tempo che cammino in questo viaggio, però ho visto che l’uomo non è quello che ci insegnano; non siamo l’uomo che dobbiamo essere.
Noi siamo molto diversi, abbiamo tutti un desiderio profondo di giustizia, abbiamo bisogno di amore, abbiamo bisogno di fraternità, abbiamo bisogno di collaborare, abbiamo bisogno di civiltà, abbiamo bisogno di essere tutti lieti, abbiamo bisogno di passare una vita giusta, bella, viva, di sentirci tutti fratelli.
L’egoismo lo insegnate voi mamme, alle volte, quando dite ai figli: studia, studia, dopo ti fai una posizione! Non dite queste sciocchezze, non dite queste bestemmie. Ai figli si dice: studia, ricordati che studi a spese di popolo, perché tu non lavori e vai a scuola, ma è il popolo che paga, è l’operaio, siamo tutti insieme che paghiamo.


Perché vuoi farti una posizione e sederti sulla sofferenza, sul sangue, sul sudore degli operai? Se tu studi e hai una intelligenza, la devi adoperare per tutti e non sfruttare in questa maniera.


Ci sono dei professori, dei medici, che fanno delle operazioni chirurgiche: un milione, due milioni… Ma hanno studiato a spese di popolo, ma siamo tutti insieme, ma siamo tutti fratelli! Allora vogliamo capire che è possibile cambiare rotta? Noi italiani dovremmo cominciare a studiare un poco i nostri grandi santi, i grandi uomini che hanno saputo adoperare le ricchezze nel bene, che hanno saputo lavorare per il popolo, che hanno saputo sacrificarsi per tutti. Se noi facessimo così, ciascuno di noi, cari amici, forse fermiamo le guerre, perché le guerre vengono dal disordine e noi siamo responsabili.
Ora noi italiani, che abbiamo una storia di grandi uomini, di grandi santi, di grandi personalità, di gente buona, dobbiamo essere una luce per il mondo e dire: è possibile fare una nuova civiltà. Noi Nomadelfi abbiamo cominciato a farla e crediamo che è possibile e dimostriamo che è possibile. Anche voi cominciate a fare queste cose, cominciate a fraternizzarvi, cominciate a rifiutare di scavalcarvi l’uno l’altro.
lo mi auguro e vi auguro che questo discorso vi entri nel cuore, nell’anima, perché tutto il popolo italiano sia in grado di fermare i flagelli che forse sono imminenti se non stiamo attenti. Salviamo la pace facendo la giustizia.

Buona sera

Don Zeno Saltini

A Natale si fa gran festa perché è nato Gesù, ma per Maria e Giuseppe è stata una brutta notte: nessuno li ha accolti e li hanno lasciati fuori. Gesù nasceva in una stamberga e sarebbe morto su una croce come uno schiavo.

Cosa è venuto a fare Cristo?

È venuto a dirci che dobbiamo amarci come lui ha amato noi e ci ha dato l’esempio, perché come Figlio di Dio poteva nascere ben diversamente.

Il Natale ci ricorda questo: Cristo si è messo alla pari dei più infimi, dei più abbandonati.

È bello andare ad assistere i poveri, ma è difficile farsi fratelli, mettersi alla pari, essere come loro: questo è il difficile del cristianesimo.

(don Zeno, Natale 1965)

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