editorialifamigliasolo cose belle

Mandiamo in soffitta le feste ma non la magia

Nei primi giorni post vacanze natalizie, mi capita spesso di sentire una fitta di malinconia. E’ la nostalgia della magia del Natale: quel calore, quei sorrisi, quella speranza che raggiunge o potrebbe raggiungere i nostri cuori, le nostre case sembra lasciarci insieme agli scatoloni delle palline dell’albero. Quest’anno, come molti di voi, ho letto la notizia della maestra in provincia di Firenze che si interroga insieme ai suoi alunni circa l’esistenza di Babbo Natale. Ho letto della reazione indignata dei genitori, ho letto un articolo di Famiglia Cristiana ed anche un pezzo del Centuplo sullo stesso argomento. E mi sono fatta un’idea anche perché mi serve farmi trovare pronta essendo madre di un undicenne (senza smartphone, per adesso). 

Salto la prefazio su quanto il Natale sia, non uno scambio di regali piuttosto l’inizio di una promessa meravigliosa fatta all’umanità che alle mie orecchie suona più o meno così: non saremo più soli ed avremo un Dio credibile che si fa uomo.

Salto anche la guerriglia tra chi propone il più religioso Gesù Bambino in antitesi al consumistico Babbo Natale di cui i centri commerciali abbondano.

Ma vado dritta a quello che per me è il cuore della faccenda: perché è funzionale per i bambini credere a Babbo Natale? La risposta per me è chiara: credere in Babbo Natale ti allena a credere in ciò che non vedi. Credere in ciò che non vedi significherà credere nella correttezza anche quando ti chiederanno di fare il furbo. Credere in ciò che non vedi significherà credere nell’amicizia anche quando ti vergognerai dei vecchi vincoli. Credere in ciò che non vedi significherà credere nel rispetto anche quando dal telegiornale arriveranno solo immagini di bombe. Credere in ciò che non vedi significherà aprirsi ai valori come giustizia, amore, bellezza perché sarai stato allenato ad un sentire interiore che si svincola dalla materialità.

E poi: cosa fare quando la favola crolla? Beh di solito la favola crolla quando non serve più: la favola di Babbo Natale sul finire della fanciullezza ha fatto il suo dovere, ossia ha instillato il dubbio che pensare all’altro con un dono possa essere un atto di gentilezza e quindi può ritirarsi. I ragazzi smetteranno di crederci quando non ne avranno più bisogno e se abbiamo aperto un canale di comunicazione anni prima, potrebbe essere che ci chiedano in maniera più o meno goffa “Babbo Natale siete voi genitori, vero?”.

A quel punto credo che l’unica cosa da fare, sia so-stare cioè provare a stare con quello che si muove dentro i nostri ragazzi e farlo uscire senza rimanere scandalizzati. Forse potremmo limitarci a rispondere con la nostra limitatezza “Noi siamo stati costruttori di una magia che ti ha fatto sperimentare gioia, sorpresa e premura. Una magia per questo. Non una bugia. Quando sarai genitore anche tu, potrai applicarti come noi perché la magia del sentirsi speciali e di credere nell’invisibile possa far crescere altri cuccioli d’uomo”.

Ovviamente è tutto un forse…

Valeria Terzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *