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Quaresima: tempo di penitenza e gioia

Si possono fare dei fioretti, piccoli sacrifici ma che è necessario portino alla gioia pasquale. Che non siano morte della persona ma diano vita. 

Magari qualcuno è dipendente dal cibo, dai social… Ognuno ha le sue piccole dipendenze e quindi bisogna saperle controllare.

Alla fine del combattimento nei suoi quaranta giorni nel deserto, Gesù è servito dagli angeli: è un tempo di penitenza che ci prepara all’esplosione di gioia della Pasqua.

Un richiamo che non arriva solo ma sorretto da una struttura portante fatta di atteggiamenti virtuosi. “Tre pilastri”, come li definisce fra Emiliano, quelli della preghiera, del digiuno e della carità. Il primo, centrale nella vita del cristiano, è utile “a intensificare il nostro rapporto di dialogo d’amore con Dio”. Ma anche il digiuno può essere qualcosa di ben più profondo di quanto non si pensi: “Forse dovremmo pensare ad altri tipi di digiuni: dai social, dalle parole cattive… C’è un padre della Chiesa che dice: ‘A che serve digiunare se poi mangi la carne dei tuoi fratelli?’. Ognuno dovrebbe trovare un digiuno dalla lingua, dai peccati e dalla tristezza”. Infine la carità, “che non è l’elemosina ma avere un cuore generoso che ci fa essere attenti al regalo del tempo e dell’attenzione agli altri”.

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