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La Lebbra esterna provoca ripugnanza, la lebbra interiore causa odio

Il racconto della guarigione di un lebbroso domina la liturgia della parola di questa domenica. Gesù lo guarisce e lo restituisce alla società. E’ un segno che incomincia con lui il regno di Dio, il tempo messianico in cui l’uomo è guarito nel corpo certamente, ma anche in vista di un rinnovamento totale.

L’episodio di questa guarigione viene riferito senza indicazione di luogo e di tempo: questo serve per dimostrare la vocazione universale del rinnovamento portato da Gesù, l’uomo perfetto, che si trova di fronte a qualcosa di scandaloso che contraddice al piano originario di Dio, alla sua volontà sempre benefica.

Il lebbroso veniva tenuto lontano dalla comunità, non solo per motivi igienici, ma anche in termini religiosi, perché era considerato “colpito da Dio”: Avvicinarlo, toccarlo significava contrarre impurità come per il contatto con un cadavere.

Queste prescrizioni sono contenute nel libro del Levitico nella prima lettura: “Il lebbroso porterà vesti strappate e andrà gridando: immondo! Immondo!, e abiterà fuori dell’accampamento”. Gesù quindi viene avvicinato da uno di questi, diciamo, “cadaveri” che, invece di tenersi a debita distanza, gli si butta in ginocchio; e invece di di gridare “immondo! Immondo!”, lo supplica: “se vuoi, puoi mondarmi”. Con queste parole egli dimostra cosa significa credere, cioè fidarsi assolutamente e umilmente, appoggiarsi esclusivamente su Cristo.

Messo a compassione, Gesù stese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci”. Questi verbi indicano il modo di comportarsi di Dio nei confronti dell’uomo: il suo amore, la sua prossimità e la priorità della sua gratuita iniziativa. Gesù è colui nel quale Dio si fa prossimo agli uomini.: a tutti gli uomini, anche a chi soffre, è escluso o emarginato. Gesù è una prossimità che supera le distanze, anche quelle che sembrano sacre ed intangibili. In Gesù si attua la presenza reale del Regno, che guarisce l’uomo, toglie le cause e le conseguenze del male, introduce in un nuovo rapporto con Dio e con la comunità.

Quanto la parola di Dio annuncia si attua in ogni celebrazione liturgica. La liturgia è reale presenza di Cristo che convoca, ha compassione, tende verso di n oi la sua mano, ci tocca e ci guarisce. Di fronte a questa prossimità di Dio in Gesù, la vicinanza dell’uomo ad ogni uomo è una necessaria conseguenza. Quindi, nella comunità dei discepoli di Cristo non può aver luogo alcuna forma di discriminazione tra persone. La Chiesa dovrebbe sempre esprimere, soprattutto, apprezzamento, accoglienza e amore preferenziale per gli ultimi. Gesù osa toccare il lebbroso preferendo la legge della carità. Egli ci ha dato l’esempio, e si aspetta che i suoi discepoli si comportino con la sua stessa sollecitudine. La lebbra attacca il corpo come il peccato aggredisce l’anima. Oltre alla malattia che porta questo nome, il termine “lebbra” designa anche il peccato, e ci ricorda così che siamo tutti almeno un po’ lebbrosi e bisognosi dell’intervento di Dio. Tuttavia, la scena della guarigione del lebbroso è una illustrazione della misericordia di Dio quando perdona i nostri peccati. Il salmo responsoriale, nella sua prima strofa, proclama per questo: “Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa e perdonato il peccato”.

Fin dall’Antico Testamento, Dio è anzitutto uno che perdona; il suo cuore non è come quello dell’uomo. Del peccatore Egli vuole soprattutto la conversione. Quando ha perdonato (come la lebbra di questo personaggio del vangelo), il peccato è tolto, gettato dietro le spalle; non esiste più, anche se l’uomo continua a ricordarsi di essere stato peccatore. E per essere veramente figlio del Padre celeste, il credente deve imitare Dio e perdonare senza limitazioni.La scena successiva, che chiude il racconto, è molto suggestiva. Il lebbroso non osserva per nulla il silenzio come lo ha chiesto Gesù, ma allontanatosi, cominciò a proclamare ed a divulgare il fatto. Il gesto di Gesù non può essere tenuto nascosto. Il lebbroso si comporta come chi porta la parola di Gesù o il vangelo. Egli lo proclama e lo divulga a tutti, con le parole e con la vita.

Don Joseph Ndoum     1 lettura Lv 13,1-2.45-46 * dal Salmo 31 * 2ª lettura 1Cor 10,31 – 11,1 * Vangelo Mc 1,40-45

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