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Tori e Lokita: un film sui migranti che sconvolge e commuove

Tori è Lokita, dei fratelli Dardenne, è un film che, dopo che l’hai visto, ti entra nella mente e nel cuore e non ne esce più. I due protagonisti, sono due migranti pervenuti in Belgio per cominciare una nuova vita. Lui è un minore non accompagnato. Lei è una giovane donna, una “clandestina” per la legge vigente. Il destino ha reso le loro vite reciprocamente indispensabili. Loro due, dispersi nel mondo, si considerano fratelli e si vivono come tali. Ma il loro legame, non essendo di sangue, non può essere accettato dai criteri di legge che regolano l’immigrazione nei Paesi Europei. Così Tori, essendo minore, può essere preso in carico dal sistema assistenziale, avere una dimora e frequentare la scuola. Lokita invece resta una giovane adulta senza documenti, dal destino totalmente incerto. I due cercano in tutti i modi di farsi riconoscere – dallo stato e dalla legge – come fratelli. Nessuno comprende quale bisogno di salvezza ci sia nel loro volersi sentirsi appartenenti l’uno all’altro. Il film, nella prima parte, ci mostra come il nuovo mondo che per loro dovrebbe rappresentare la salvezza, sia in realtà solo capace di metterli a rischio e minacciarli. Ma ciò che la legge vorrebbe separare, non può essere interrotto e discontinuato dalla forza dell’amore. Si rimane profondamente commossi nel vedere quanta bellezza, bontà e solidarietà esista tra Tori e Lokita. Se il mondo progredito ed evoluto li tratta come merce di scarto, la narrazione dei Fratelli Dardenne ce li mostra come “perle preziose” disperse in un territorio di vita in cui tutto è spazzatura. Le loro vite sono esempi smaglianti di purezza e bellezza.

Il film è un profondo atto d’accusa verso le modalità con cui il mondo cosìddetto “progredito” sta gestendo il tema della migrazione. E’ un film sull’importanza di ritornare a coltivare una dimensione etica dell’esistenza, di ridefinire quali sono i valori intorno ai quali una società può considerarsi “civile”. La solidarietà e la capacità di cooperare che unisce Tori e Lokita sono completamente persi e irrintracciabili nel mondo cosiddetto “civile” in cui loro vorrebbero trapiantarsi. “Se non ritornerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Questa massima evangelica sembra essere la cornice di significato che contiene il senso della storia di Tori e Lokita. La scena in cui si prepara l’evento tragico che conclude il film è una narrazione per immagini della parabola del Buon Samaritano. Il nuovo mondo in cui sono arrivati i due giovani migranti sembra essere privo di questa figura. Non ci sono più “buoni samaritani” in giro, ma solo cinici predatori, burocrati anaffettivi il cui agire sembra svuotato da dimensione umane, empatiche e solidali. E questo è ciò che afferma Tori nel suo breve discorso finale, in chiesa di fronte ad un pubblico al quale ricorda come forse sia ciò che chiamiamo “legge” a distruggere la vita di chi da quella stessa “legge” non viene considerato uguale a tutti gli altri.

Tori e Lokita è il film di questo mese per la rubrica “Schermi di famiglia” per il Magazine Family Health. Un film da guardare con figli adolescenti per capire la complessità di un tema come la migrazione che la politica non ha mai saputo affrontare con l’adeguatezza che merita, come dimostrano le ancora tante e recentissime tragedie di cui ci parlano i media. Un film da non farsi mancare se vi piace il buon cinema e se cercate film che raccontano la vita così com’è, senza infingimenti né fraintendimenti. Il link alla scheda completa del film è associato a questo post.

di Alberto Pellai

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