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Sete di libertà – Tobiuccio

Per l’Arma dei carabinieri è stato un grande successo, per la società civile una sconfitta. Era uscito dal carcere, qualche anno fa, Antonio Angelino, detto Tobiuccio, di Caivano, dopo avere scontato una pena lunga più di tre decenni. Pensammo, e sperammo, che, dopo tanta sofferenza, avrebbe solo desiderato di vivere sereno, senza fare male a nessuno. Gli inquirenti, ovviamente, lo tenevano d’occhio. Nel giro di pochi mesi, purtroppo, Tobiuccio riprese il suo vecchio stile di vita. In breve si rese uccel di bosco. A Caivano e dintorni ritornò la paura. Estorsioni, pizzo, soprusi, intimidazioni. Il mese scorso, in un blitz, furono arrestati una ventina di persone appartenenti al suo clan camorristico. Lui riuscì a farla franca fino a domenica mattina quando i carabinieri di Castello di Cisterna lo hanno arrestato nella zona di mare di Castel Volturno. Angelino, come un bambino sorpreso con le dita nella marmellata, si è mostrato basito:« Come avete fatto a prendermi? » ha detto ai carabinieri. Ingenui e pericolosi deliri di onnipotenza. All’Arma le nostre congratulazioni.

Ci chiediamo: possibile che un uomo, dopo aver trascorso in carcere più di 30 anni, una volta rientrato in possesso della tanta agognata libertà, anziché tenersela stretta, si rimetta subito nelle condizioni di perderla di nuovo?

Possibile che tanti anni di prigione non lo abbiano minimamente scalfito? Possibile che noi, società civile, non siamo stati capaci di intercettare le sue istanze più profonde per tentare una vera riabilitazione? Nei giorni scorsi, ai bambini del campo estivo, chiedemmo di “mettersi nei panni degli altri”. L’ho fatto anch’io, e mi sono messo nei tuoi panni, caro fratello Tobiuccio. Mi sono visto in una cella, insieme ad altri detenuti, senza il mio computer, il mio cellulare, i miei libri e ho provato grande disagio. Ho immaginato le mie giornate lontano dai miei amici, dai miei parrocchiani, dai miei impegni, dai miei bambini e mi è sembrato di impazzire. Il pensiero, poi, di aver costretto la società, che aveva ripreso ad avere fiducia in me, a rinchiudermi di nuovo per difendere se stessa e propri figli mi umiliava. E adesso tutto ricomincia daccapo. Tribunali, avvocati, rabbia, sentenze, attese, rinvii, convivenze forzate, guardie carcerarie, colloqui, pacchi, amarezze. Deve essere duro, alla soglia della settantina, ritrovarsi a fare i conti con la vita. Provo tristezza. Di più, avverto un vero senso di angoscia e anche di colpa. Proprio non riesco a capire come sia possibile che una persona ormai anziana getti alle ortiche la libertà ritrovata.

Lo sai, a Caivano e dintorni, tanta gente sta tirando un respiro di sollievo. L’arresto di un uomo che si è fatto nemico dei cittadini, minacciando, pretendendo, esurpando, è visto come una liberazione.

Io sono un prete, chiamato a portare Cristo, il figlio di Dio che non ha mai chiuso le porte in faccia a nessuno; che continua a implorare il peccatore: ”Figlio, dammi il tuo cuore”. Come me – ne abbiamo parlato domenica in chiesa – tanti credenti, pur soddisfatti per l’ottimo lavoro delle forze dell’ordine, non sanno gioire. Ti penso tra le sbarre, deluso, arrabbiato e depresso.

Addio estate spensierata, addio vacanza programmata, addio costose e inutili cene con gli amici. Mi addolora saperti di nuovo in carcere, purtroppo sei stato tu che lo hai voluto, questa è la cruda verità. È difficile ma necessario adesso mantenere in vita la speranza. Ti auguro di fare tesoro di questo tempo. Approfitta delle interminabili ore di solitudine per un serio esame di coscienza. Chiedi di parlare con il cappellano, fatti portare un vangelo. Prega. Abbi il coraggio di chiedere perdono. A Dio e ai tuoi concittadini cui hai fatto tanta paura. Non arrenderti. Permetti al desiderio di bene di attecchire nel tuo cuore. Noi ci siamo. Sei hai bisogno, noi ci siamo.

Maurizio Patriciello.

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