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Commento artistico-spirituale al Vangelo della Solennità di Tutti i Santi

  “Quale cammino per essere un buon cristiano?”

Siamo chiamati a far trasparire nella vita d’ogni giorno quanto Gesù proclama con le Beatitudini dove si delinea il Suo volto.

La pagina del Vangelo secondo Matteo (5,1-12) della solennità di Tutti i Santi, annuncia una santità raggiungibile da tutti con una vita buona, bella e persino allegra, già reale nei santi e nelle sante della porta accanto.

Le otto situazioni descritte dal Vangelo (chi patisce povertà, chi sente con mitezza, chi sa ancora piangere, chi è inquieto per la giustizia, chi avverte misericordia, chi ha educato il cuore a vincere ogni cattiveria, chi ricerca la pace per tutti, chi soffre persecuzione per la giustizia) sono come le situazioni quotidiane in cui la santità è possibile. Emerge il ritratto di credenti che sono felici proprio perché hanno tenuto aperta la loro sensibilità.

I santi sono capaci di relazioni normali, di andare avanti nonostante gli errori. Ogni attività – il lavoro e il riposo, la vita familiare e sociale, l’esercizio delle responsabilità politiche, culturali, economiche –sia piccola sia grande, se vissuta in unione con Cristo e con amore e nel servizio, è occasione per vivere in pienezza battesimo e santità evangelica.

Intorno al 1911 Wassily Kandinsky, l’artista di origine russa che ha lasciato opere straordinarie e un testo, forse il più celebre, «Lo spirituale nell’arte», studiò molto il tema «Tutti i Santi» realizzandone alcune versioni. Nel dipinto ad olio che si trova a Monaco (Städtische Galerie im Lenbachhaus), rappresentando il Giudizio Universale con richiami al libro dell’Apocalisse, egli conferma l’importanza svolta dai soggetti sacri nelle sue creazioni. Nella tela – una piacevolissima sinfonia di colori – sulla sinistra un possente angelo con la tromba annuncia il Giudizio per tutti, anche per gli abitanti di Mosca che compare lontano. Sono molto numerosi coloro che hanno seguito il Cristo in croce sul Golgota: i due abbracciati e felici ci guardano dal paradiso svelato dall’azzurro sotto i piedi; altre persone si stanno alzando dal sepolcro; qualcuno è premiato perché ha saputo vegliare (candela accesa); ci sono i rappresentanti dei pagani dell’Europa orientale che grazie alla predicazione di S. Stefano si sono convertiti; il patrono di Mosca, San Giorgio, sul cavallo bianco che s’impenna, sta trafiggendo il corpo rosso, giallo, blu del drago con le fauci aperte.

Con tutti i santi, noti e ignoti, con l’aureola, siamo in Cielo.

Lo conferma Kandinsky mostrandoci la farfalla figura dell’immortalità dell’anima, la rosa di Gerico volutamente ingrandita perché è il fiore della risurrezione, la fenice che rinasce dalle proprie ceneri, simbolo del trionfo di Cristo e della nuova vita. Quindi, ci conferma papa Francesco nella recente Esortazione sulla chiamata alla santità: «Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova» (Gaudete et exultate 14).

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