cultura

Io diverso da lui – un racconto di Benedetta Bindi

                       “La vera amicizia consiste nel poter rivelare all’altro la verità del cuore.” – Papa Francesco

Giulio se n’è andato una mattina di luglio. Ho visto il suo aereo salire alto nel cielo, e ho pensato a quanto sarei stato imperfetto io, senza di lui.

Mi sono circondato per anni, di persone con le quale uscivo, solo per passare il tempo. Mi piaceva divertirmi, sballarmi in discoteca. Poi ho incontrato: “Lui”, e la mia vita ha avuto una seconda occasione.  

Una mattina ero disperato, seduto sulle scale della scuola, mi mordevo le unghie a sangue, ero nervoso. Visto da lontano, ero poco più di un piccolo insetto nero. Indossavo una felpa scura, in testa avevo il cappuccio, le gambe le tenevo rannicchiate vicino al petto. Sentivo freddo, ma rimanevo lì, con i miei denti famelici, che si divertivano a strappare le pellicine dalle dita. Mi rimproveravo l’ennesimo quattro in matematica. Alle mie spalle il gigantesco edificio giallo, nel quale avrei dovuto trascorrere l’ultimo anno di Liceo. Sentivo che voleva risucchiarmi, per poi risputarmi via, giudicandomi impreparato. Io, Luca, apparivo un duro, dalla mascella serrata, lo sguardo serio, invece stavo crollando. Io che volevo proteggere lei: mia madre. Aveva problemi al lavoro, litigava spesso con mio padre, da poco si erano  separati. Prima, come allora, il motivo era sempre uno: i soldi. Quelli che a casa mia, da quando ne ho ricordo, sono sempre stati motivo di discussione. Non volevo dirle che la prof. di matematica e fisica, la voleva incontrare, ero disperato. Rischiavo non solo di essere rimandato, ma bocciato. Avevo insufficienze anche in francese e arte. Per più di un anno ho studiato con Claudia, la mia fidanzata, grazie a lei andavo bene. L’ho lasciata per andare a giocare a biliardo con gli amici, vedere il calcio insieme. Stare con loro mi piaceva troppo. Lei mi rimproverava di dedicarle solo ritagli del mio tempo. Si litigava, un giorno ho detto basta, e le ho spezzato il cuore.  Il giorno potevo non pensarla, ma la notte, mi bussava nella testa, la maledicevo. Mi mancava la sua voce, la sua pelle, pronunciare il suo nome, ma era bloccato, desideravo chiamarla, ma non lo facevo. La sognavo, poi la luce del mattino la faceva scomparire. Alzavo le coperte fino alla testa, poi mia madre bussava alla porta, e dovevo alzarmi.

Ricordo quel giorno seduto sulle scale, il futuro lo vedevo un puntino sfocato, e il presente mi girava le spalle.  Vidi Giulio venirmi incontro sorridendo, e pensai: “Che caz… si sorride questo? “Lui si mise a sedere accanto a me, e mi disse: “Posso darti una mano in qualcosa? ”Risposi: “Sì sparami!”

Misi le mani nei capelli e la testa giù. Lui mi guardò serio e mi disse: “Per incontrare il proprio cammino, devi essere coraggioso per compiere i passi sbagliati. Le sconfitte, le delusioni, sono strumenti che Dio utilizza per mostrare la strada”. Io pensai che era fuori, eppure aveva l’aspetto di un figo. Mise il suo braccio intorno alle mie spalle, e una stanchezza improvvisa mista a un senso di pace, s’impadronì di ogni parte del mio corpo. Rimasi fermo attaccato a lui, poco dopo piansi.

Per prima cosa Giulio mi ha aiutato a recuperare alcune materie. Quell’anno non fui bocciato. In uno dei tanti pomeriggi passati insieme, mi disse una frase che mi ripeto ogni volta che le cose prendono una piega sbagliata: “La tristezza è lo sguardo rivolto a noi stessi”. Infatti io mi piangevo addosso, come un bambino. I miei miti erano: Jim Morrison e Messi. Quelli di Giulio: il Papa, Mandela, Madre Teresa, e gli ambientalisti.  Lui è un metro ottantasei, magro, spalle larghe, occhi chiari, capelli scuri. Poteva avere le donne che voleva, invece andava spesso in Chiesa, o all’oratorio, come sport preferiva nuotare da solo, ed era fissato con una certa Bernardette. Una ragazza francese conosciuta in Puglia. Si vedevano poco, ma lui le era fedele. Hanno retto anni separati. Eroici.

Oggi lui è partito. Va a fare un master in economia a Parigi. Se troverà lavoro, rimarrà a vivere lì, e sposerà Bernardette.

Tutto è stato dato a me da Giulio, addirittura i miei occhi, hanno iniziato a vedere come lui.

I primi tempi che ci frequentavamo, ci discutevo, lo criticavo. Lui rispondeva senza arrabbiarsi: “L’intelligenza ha un senso se è legata alla luce dello spirito, altrimenti può trasformarsi in una tenebra pesante. Solo con la ragione, non puoi vedere tutte le cose e l’amore di Dio”.  Io gli rispondevo di farsi prete quando mi parlava in quel modo, mi faceva diventare matto. Lo esortavo a venire in discoteca con me, doveva godersi la vita.  Lui nel nostro Liceo era venerato. Nei bagni le scritte sui muri erano per lui, e quello rimaneva fedele alla sua donna e al suo Dio. Quanto mi ci arrabbiavo i primi tempi, poi ho iniziato a capire che c’è un altro modo di vivere. Ed era in quella direzione che dovevo andare.  Una mattina qualcosa è scattato in me, ero venuto a sapere che Claudia, la mia ex, si era fidanzata. Ho pensato a come avrebbe agito il mio amico.  Giulio mi consigliava, meno a parole ma con i fatti. Lui la fede la vive, per questo accade sempre che si propaghi fuori da lui.

Così sono entrato in chiesa anch’io, e ho pregato. Pensare a Claudia con un altro, mi lacerava il petto. Provavo rabbia, eppure l’avevo ferita, era stata male per me. Dovevo essere felice per lei, invece… La sera stessa ho trovato la forza di chiederle se potevamo vederci.  Le ho detto due cose: “Perdono” e che l’amavo.

Mentre le mani mi erano diventate calde e sudaticce, tanto da vergognarmi a prendere le sue. Lei mi ha chiesto di darle del tempo per riflettere.

Dopo un mese, siamo tornati insieme. Amare è donare ciò che non si ha. Bisogna regalare il nostro tempo, i nostri giorni, la nostra presenza, questo ho imparato da Giulio. Credo che sia inevitabile toccare l’abisso, entrare nella seva oscura, come fece Dante nell’inferno. È doloroso, ma prima o poi si risale, ed è più facile se rivolgiamo lo sguardo fuori da noi.

Grazie Giulio, per avermi insegnato come si fa. Mi mancherai.

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