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Voti a scuola: si o no? La vera domanda è un’altra

Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno scolastico. Per chi ha figli alle scuole secondarie è un tempo di bilanci. Ma anche di grandi sforzi finali. Ci sono gli ultimi compiti in classe, le ultime interrogazioni. Per qualcuno, queste prove servono a capire quale sarà l’esito finale e quindi se ci sarà promozione oppure debiti a settembre o addirittura bocciatura. Penso che sia gli studenti, che i genitori, che i docenti stessi debbano lavorare molto più sul percorso che sul traguardo. E’ il percorso ciò che conta davvero. I voti ne sono indicatori, ma non ne rappresentano la fotografia puntuale. Ci sono giorni in cui un’interrogazione va male, proprio come ad un cuoco non riesce una torta, nonostante sia stata preparata seguendo alla lettera la procedura e la selezione degli ingredienti. Non è la torta venuta male che definisce qual è il valore di un cuoco. E’ tutto il resto.

Ragazzi e adulti sono molto spaventati dai voti. Li seguono con ansia e urgenza sul registro elettronico. Ne attendono le notifiche, lo consultano più volte al giorno, come se fosse scritta lì la verità. Il registro contiene indicatori di percorso. Ciò che dovrebbe davvero interessarci è come procede il cammino, dove nostro figlio (o un nostro studente) arranca nel mettere un passo dopo l’altro, come permettere che la squadra dei compagni sia un luogo di collaborazione e non di agonismo. Ovvero, un sistema relazionale in cui la domanda che conta davvero non è “Che voto hai preso?”. Per questo, io abolirei – del tutto e per sempre il registro elettronico.

Sento spesso dare la colpa alla scuola. Ma la scuola è fatta di persone, così come la famiglia e la classe. Ci sono scuole che danno troppa importanza ai voti, è vero. Ma ci sono anche genitori che a quegli stessi voti danno ancora più importanza di quanta ne dia la scuola. Un’insufficienza a volte fa piangere il genitore, lo fa accorrere dal docente che gliel’ha data, per protestare, per incapacità di accogliere e comprendere il giudizio di un altro sul proprio figlio.

Ciò che davvero conta è che i voti devono parlare ad un figlio, non ad un genitore. Per i figli, i voti devono essere cose che appartengono a loro, al loro cammino. Io non sono per una scuola senza voti. Così come una scuola senza voti, per me sarebbe più che positiva. Perché a me non interessa il voto che prende un mio figlio. lo vivo semplicemente come un indicatore, alla pari di un segnale stradale che ti avverte di qualcosa: passa pure, fermati, pericolo massi, rallenta, accelera.

Come genitore, ho sempre lasciato ai miei figli la responsabilità dei loro voti. Che non significa amare la valutazione basata sui voti. Significa semplicemente sapere che la vita li sottoporrà più volte a valutazioni. Magari in quei frangenti, non ci saranno i voti. Ciò nonostante più volte dovranno parlare con se stessi, alla fine di una prova per capire se sono andati bene o male. E nel caso in cui si scopra di essere andati male, sarà inevitabile domandarsi: “Cosa posso fare, per migliorare?”.

E’ solo questa la domanda che conta.

Se pensate che questo testo possa servire ad altri genitori o docenti, condividetela. E se siete docenti, magari leggete e commentate questo testo con i vostri studenti. Sarà interessante vedere che cosa ne scaturisce.

(I concetti espressi in questo post, sono approfonditi nel mio volume: “Allenare alla vita” Mondadori ed., 2024)

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