#appuntiperildopoquarantimeUncategorized

La morte si sconfigge con la gioia, la comunione e la condivisione (del plasma per esempio)

Lezioni di condivisione.

Da un ospedale del sud e da un altro del nord Italia ci giungono due importanti lezioni di vita. La prima ci viene dal Cutugno di Napoli, dove il dottor Ascierto ha sperimentato con la sua equipe l’utilizzo di un farmaco antiartitritico sui malati di Corona virus. Mentre la reazione della politica e di gran parte della popolazione nei confronti della malattia era stata la chiusura: chiusura prima degli aeroporti, quindi dei confini nazionali, poi di quelli regionali e giù giù a scalare, fino a tenere serrato ciascun cittadino dentro casa. Altri tentavano invece la strada opposta, quella dell’apertura. L’idea del farmaco antireumatoide, nasce infatti dallo scambio e dalla condivisione di conoscenze e di esperienze con la Cina; dove prima di noi diversi medici si erano accorti che, nella maggior parte dei casi, i pazienti affetti da Covid 19 non morivano a causa della polmonite interstiziale, ma per arresto cardiaco, conseguente alla formazione di microtrombi nel sangue.

Piuttosto che affrontare il pericolo con serenità e consapevolezza, abbiamo preferito chiuderci in noi stessi, nascondendo la testa sotto terra come il mitico struzzo. Anzi, se proprio la vogliamo dire tutta, ci siamo comportati ben peggio di quel timido e goffo animale. Se lo struzzo, infatti, ha dalla sua la saggezza dell’”occhio non vede, cuore non duole”; il nostro sistema anti Corona è stato decisamente più stupido: ci siamo barricati in casa, passando la giornata a guardare i media che ci terrorizzavano fornendoci dati di scarsa attendibilità e immagini terroristiche sull’epidemia mortale.

Da Mantova, intanto, arrivava una lezione ancora più importante. Mentre per le strade impazzava il famigerato ”distanziamento sociale”; quello che vietava ai fidanzatini di frequentarsi e imponeva agli amici di salutarsi solo con un cenno del capo.

Mentre alcune signore molto per bene giravano con il telefonino in mano, pronte a riprendere e a denunciare quei “criminali”, rei di passeggiare troppo vicini tra di loro; mentre molti di noi vivevano secondo il vecchio adagio latinomors tua vita mea” – reinterpretato nella versione “vita tua, mors mea” cioè smettila di vivere, altrimenti mi ucciderai – ecco, mentre accadeva tutto ciò, il dottor De Donno scopriva che la cura più efficace contro la malattia, era l’esatto inverso della distanza, e cioè la comunione. Lo scambio di ciò che ci è più intimo e personale: il sangue.

L’adagio latino si trasformava così in un: “vita tua, vita mea” e cioè: la tua vita è la mia vita. Il “plasma” di chi ha già preso la malattia ed è guarito, grazie ad una trasfusione, diventa la cura più efficace per chi, invece, non ha le difese immunitarie in grado di sconfiggere il male.

Condividere il sangue, il rischio, il pericolo, significa guarire insieme. Perché la morte non si sconfigge con la paura; ma con la gioia, la comunione e la vita. 

PAOLO VELONA’

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *