cultura

Invidia – un racconto di Benedetta Bindi

“ Invidia è l’ulcera dell’anima” Socrate

Non ho mai avuto invidia nei confronti di nessuno fino a dodici anni fa, ossia quando Augusto ha fatto i soldi con il digital marketing, una tecnica di vendita che si mette in atto, grazie alle piattaforme online. Lui ha comprato una villa fuori città, con annessi  parecchi ettari di terreno. Con il bel tempo che è arrivato, a breve ci faremo tutti il bagno nella sua piscina. È bellissima, senza bordo, molto elegante, chiamata: “a sfioro”, proprio perché l’acqua va a lambire quasi impercettibilmente il livello di pavimentazione. Appena la temperatura supera i ventitre gradi,  ci invita ad inaugurarla, a noi amici dei tempi del liceo.

Io, Luca, Giacomo, Alessio, siamo stati tutti e cinque, inseparabili per molti anni. Da quando Augusto ha questa villa enorme, e tutti noi dei figli, il Capodanno è stata un’ altra tappa fissa per rivederci tutti insieme, come ai vecchi tempi. Siamo cresciuti nello stesso quartiere, tutti  giocavamo a calcio. Le nostre famiglie erano quelle che faticano a pagare le bollette. Ognuno di noi ha respirato a casa quella sottile paura che i nostri genitori non riuscissero ad arrivare alla fine del mese, se giungeva all’improvviso una spesa non prevista. Quando abbiamo iniziato ad andare a casa di Augusto, con la sua Lamborghini parcheggiata dove noi mettiamo le nostre utilitarie, loro si sono  comportati normalmente. Io ho sempre finto di farlo. Quando mia moglie diceva: “Che casa ha il tuo amico!”, e i miei figli rincaravano la dose urlando: ”L’avessimo noi papà!”, io mi rodevo dentro, e maledicevo il mio lavoro d’insegnante mal pagato.

Per molti anni la mia famiglia,  la cultura,  i miei libri, la fede, sopperivano a ciò che mi mancava, poi non è  stato più così. Lo ammetto, la colpa era il confronto con Augusto, il suo successo, il suo benessere, ho provato per lui invidia e odio, sentimenti che non mi lasciavano vivere e marcivano dentro di me. Però quando eravamo tutti insieme, mangiavo, scherzavo con lui, come ai vecchi tempi. Abbiamo tutti sempre  fatto finta che non ci fosse la  colf che ci toglieva i piatti, e si muoveva silenziosa. Anche lui si è sforzato di essere quello di un tempo. Ha grigliato la carne ad ogni cena o pranzo che fosse, non ha mai permesso alla domestica di farlo, si è sempre comportato come se la fortuna non l’avesse cambiato. Spesso abbiamo improvvisato partite sul suo campo da calcio. L’ha fatto fare per i suoi figli, ha due gemelli, ora hanno quindici anni come Virgilio, il mio figlio più piccolo. Loro però  sono attratti da Federico, il mio primogenito. Pur crescendo è  sempre venuto con noi alla villa, l’unico posto dove gli faceva piacere stare ancora tutti insieme. 

Spesso ad Augusto, quando potevo mollavo un calcio o una spinta durante le partite, ero violento. Lui taceva. Mi interrompevano sempre i nostri figli che reclamavano il campo. Io terminavo la partita sudato e soddisfatto, perché dimostravo a tutti che ero sempre indiscutibilmente il più bravo, e perché  ad Augusto gliene avevo date parecchie di botte, poi si finiva  la giornata sotto il pergolato a bere birra ghiacciata e a parlare di sport. Nessuno in quei momenti ha mai raccontato dei suoi problemi, nemmeno Luca, che si è  trovato senza lavoro e per un periodo ha portato cibo a domicilio. Al tramonto ringraziavamo Augusto dicendogli che era un grande, ognuno l‘abbracciava e si tornava a casa. Io ho sempre fatto  guidare mia moglie, uscito da lì, perché ero sempre un po’ brillo. Bevevo più del dovuto per dimenticare che io, non ero lui. 

Tra pochi giorni sarò di nuovo nella sua villa, dobbiamo festeggiare un evento, berrò  parecchio, finalmente non per invidia, no, quella è  scivolata via come fosse olio. 

Mio figlio Federico, il più  grande, ha vent’anni. Dopo un anno sabbatico a fare lavoretti di qua e di là, ci ha detto che non vuole andare all’università. Io speravo dovesse solo decidere dove iscriversi, era molto bravo al liceo, sono sempre stato tanto orgoglioso di lui.  Non mi immaginavo un simile cambiamento di rotta, non ero preparato. Ho litigato con lui fino quasi a mettergli le mani addosso, quando mi ha detto che voleva fare il pr per alcune discoteche o il buttafuori, visto che era alto e muscoloso. Cose buttate lì  senza senso. Mia moglie di nascosto ne  ha parlato con Augusto e il mio amico ha fatto una cosa straordinaria: ha chiamato Federico, ci ha parlato, poi l’ha preso a lavorare nella sua società. Lui ha subito accettato felicissimo, perché è  sempre stato affascinato da lui, per come è, come vive.

È  trascorso un anno da quando è  stato assunto il mio ragazzo, adesso gli faranno un contratto a tempo indeterminato. Oggi mi viene da piangere, per la gioia e per la vergogna, per tutta l’ invidia che gli ho riversato contro al mio  amico, per tutti i calci che gli ho rifilato negli ultimi anni durante le partite.

Oggi sono certo di una cosa, Augusto ha capito sempre cosa provavo, e mi ha lasciato fare e non si è mai lamentato. Come una mamma che lascia sfogare l’ira di suo figlio.

Lui mi ha sempre amato, io per un po’ di tempo l’ho dimenticato.

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