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Dio opera nel mondo con mano misericordiosa

La pagina del vangelo di Marco di questa domenica fa parte di una unità più ampia, conosciuta come “giornata di Cafarnao”. Gesù, in compagnia dei primi quattro discepoli, in un giorno di sabato, insegna al mattino nella sinagoga e libera un ossesso ( il brano che abbiamo commentato domenica scorsa). Al termine di questa riunione liturgica egli si reca nella casa di Simon Pietro e guarisce la sua suocera. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, egli guarisce molte persone davanti alla porta della casa di Pietro. Poi, si rifugia a pregare in un luogo solitario.

Abbiamo la sinagoga come luogo della preghiera pubblica; la casa come luogo della vita privata, e la piazza ( lo spazio esterno della casa di Pietro) come luogo della vita pubblica. Quindi l’azione di Gesù non si limita allo spazio religioso, ma investe la sfera dell’amicizia e si spinge ad incontrare la folla. Abbiamo insieme tutto lo spazio immaginabile, religioso e profano, privato e pubblico: un modo di mostrare che l’’azione di Gesù, come pure tutta la nostra vita cristiana, interessi l’essere umano nella sua totalità, in tutte le sue dimensioni.            

In questo cosiddetto “diario della giornata di Cafarnao”, l’accento sembra più posto sull’attenzione di Gesù al Padre e alla miseria umana. Le guarigioni sono segni e prodigi che dimostrano Gesù Figlio di Dio e annunciano la venuta del suo regno; ma prima ancora sono gesti di amore. Ha ragione Paolo quando afferma che: “E’ apparsa in mezzo a noi la bontà di Dio e il suo amore verso gli uomini”. Infatti, il comportamento di Gesù è un segno visibile dell’amore misericordioso di Gesù e della sua azione efficace e sovrana in mezzo a noi. E’ una conferma della vicinanza e della solidarietà di Dio nei confronti dell’umanità sofferente. Questo dovrebbe assicurarci. Basta pensare alla reale povertà della condizione umana ( nonostante le illusioni del benessere e delle pubblicità), al dramma reale della sofferenza, che spesso mette a dura prova la fede di chi ne è vittima, e che per quanto ci sforziamo, come Giobbe, non riusciamo a capire nulla. La sofferenza è un mistero incomprensibile che bussa a tutte le porte, presto o tardi; le malattie vengono anche se non si cercano e raggiungono tutti. In altre parole, “ogni cuore ha il suo dolore”, come dice un proverbio; ma soprattutto, solo chi soffre sa il dolore che ha nel cuore. Per fortuna Gesù è venuto, non per sopprimere neppure spiegare la sofferenza, ma per colmare con la sua presenza tutte le sofferenze.

Egli inaugura in mezzo all’umanità il regno di Dio. Il suo non è regno di orgoglio, di dominazione e di guerre, ma un regno di giustizia, di pace e di amore. “Egli risana i cuori affranti e fascia le loro ferite”. Quindi la sua azione terapeutica, esorcista e di liberazione è ancora efficace ed in opera oggi, lui, l’ “uomo dei dolori”, che ha preso con sé il dolore del mondo e lo ha inchiodato con sé sulla croce. Per questo tutti i dolori si aprono alla luce pasquale del Figlio di Dio crocifisso e risorto. Col suo esempio, Gesù vuole dirci che, come membra del suo regno e del suo corpo, dobbiamo anche noi fare la nostra parte presso i sofferenti, stando loro vicini e confortandoli con le parole di fede e con la preghiera; invitandoli inoltre a distinguere nella vita le penultime cose dalle ultime. E il dolore fa veramente parte delle penultime. L’ultima cosa è la vittoria di Cristo su tutto, l’ultima cosa è la vita eterna per, con ed in Cristo. 

Nella giornata- tipo di Gesù a Cafarnao, la solitudine e la preghiera rientrano anche nell’agenda dei suoi impegni. La sua giornata si apre e si chiude con la preghiera solitaria. Quest’attitudine del Figlio stesso di Dio ci vuole insegnare come, in realtà, la giornata diventi completa soltanto quando si apre e si chiude con la preghiera. Infatti, la relazione col Padre, a cui rendiamo conti e grazie, dovrebbe essere la sorgente e il culmine delle nostre attività. Come Gesù, uno che prega scopre sempre nuovi itinerari nella vita, perché c’è un Altro che gli indica dove andare e che l’accompagna. Inoltre, la preghiera di Gesù non è soltanto il momento culminante del suo essere-con-il-Padre, ma anche e soprattutto del suo essere-per-gli-uomini, poiché nella preghiera Gesù continua il servizio, iniziato nella sinagoga e dalla suocera di Pietro, a favore degli uomini, che Egli porta al Padre. Egli prolunga il proprio servizio per tutti. In questo atteggiamento di Gesù scopriamo il modo adeguato per lodare e pregare Dio.

Don Joseph Ndoum             Prima lettura Gb 7,1-4.6-7 dal Salmo 146/147 Seconda lettura 1Cor 9,16-19.22-23 Vangelo  Mc 1,29-39

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