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Gesù inizia nella chiesa una nuova presenza

La festa dell’ascensione al cielo del Signore nostro Gesù Cristo è una splendida occasione per riflettere su quelle parole del credo, che recitiamo nella messa ogni domenica: “credo in un solo Signore, Gesù Cristo, il quale fu crocifisso, è risuscitato, è salito al cielo, siede alla destra del  Padre”.

     Questa scena riferita da Luca, negli Atti e nel Vangelo, e accennata nella finale di Marco. Essa è caratterizzata da due aspetti: la separazione e l’elevazione. In quanto separazione, essa dice la  cessazione di un certo modo di relazione tra Gesù e i suoi discepoli, pur rimanendo con loro fino alla fine del mondo. In questa elevazione in alto o salito al cielo, essa simboleggia l’esaltazione, la glorificazione o la Signoria del Figlio di Dio. Il Verbo di Dio, tornato al Padre, là prepara un posto per ognuno di noi.

     Quindi la celebrazione dell’ Ascensione traduce il nostro desiderio, ogni anno, di vedere dilatare questo mistero del Risorto nella nostra persona in modo da condividere la stessa glorificazione. Poiché la contemplazione di Gesù che sale al cielo esprime il punto di riferimento di ogni cristiano, che scopre come la propria esistenza sia un cammino  proteso verso la pienezza della gloria. E’ lassù il destino della nostra storia quotidiana    Questa tensione in avanti non dovrebbe farci dimenticare la serietà del nostro impregno nell’oggi concreto, ma ci dovrebbe anche permetterci di comprendere tutta la provvisorietà.

     La celebrazione dell’Ascensione infatti, rappresenta il canto della speranza: in Cristo che sale al cielo, ogni uomo vede la meta della propria esistenza. Il cammino terreno risulta allora un pellegrinaggio, un itinerario verso la configurazione di tutti a Cristo.

     Quel posto, che Gesù è andato a preparare per ognuno di noi, è promesso e donato, ma va anche meritato. Per questo il cristiano vive nella speranza di vivere in cielo con Cristo facendo bene la sua parte quaggiù: in famiglia, nel lavoro, tra gli amici e dappertutto.

      Gli apostoli sono stati rimproverati proprio perché stavano lì impalati a guardare verso il cielo.

Ormai occorre guardare verso la terra e verso i prossimi. Tocca a noi assicurare la presenza visibile di Cristo (scomparso all’orizzonte) nel mondo. Cristo deve continuare a manifestarsi, a parlare, a servire, a rendersi tangibile attraverso la nostra persona.  Dobbiamo, in breve, essere presenza reale di Cristo nel mondo.

Tuttavia, il guardare verso la terra, mal compreso o compreso unilateralmente, può essere un disastro. Non si tratta di un ostinazione a guardare troppo e soltanto in direzione della terra. Bisogna non dimenticare di guardare anche verso l’alto dove Cristo nostro fratello è andato a prepararci il posto . Ci vuole quest’equilibrio!

Don Joseph Ndoum

                                              Prima lettura Atti 1,1-11 dal Salmo 46/47 Seconda lettura Efesini 4,1-13 Vangelo Marco 16,15-20

Un pensiero su “Gesù inizia nella chiesa una nuova presenza

  • Non tutti gli apostoli sono rimasti lì “impalati” a guardare al cielo (nell’aldilà senza tempo non vi è alcuna progressione, il banco di prova è quaggiù) ce chi ha compreso tutto sin dall’inizio… Ma è stato accantonato… Pur essendo il più antico dei vangeli… Ed impropriamente chiamato quinto vangelo.

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