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Aria di Natale nella Divina Commedia

“Esso parlava ancor della larghezza

che fece Niccolò a le pulcelle,

per condurre ad onor lor giovinezza”

(Pur. XX vv. 31-33)

Dante e Virgilio si trovano nella V cornice della montagna del Purgatorio dove scontano la loro pena le anime penitenti degli avari e dei prodighi. Di giorno gridano esempi di generosità e povertà, di notte esempi del loro peccato.

La storia di San Nicola, diventato Santa Claus nei Paesi anglofoni e trasformatosi in tempi moderni nel leggendario Babbo Natale, è raccontata in pochi versi da Dante. A richiamarla come modello di incondizionata generosità è Ugo Capeto, capostipite della dinastia carolingia,“la mala pianta” che tanto danno arrecò alla cristianità. Il racconto riprende quanto narrato nella “Legenda aurea” di Iacopo da Varazze, una monumentale raccolta di storie di santi a cui si sono ispirati, per secoli, letterati ed artisti.

Nicola, futuro vescovo di Mira nel IV secolo, in età ancor giovanile venne a sapere di un vicino che, nonostante il nobile casato, per povertà, aveva deciso di spingere le sue tre giovani figlie verso la prostituzione. Mosso a pietà, il santo per ben tre volte gettò di nascosto un sacchetto d’oro nella casa delle fanciulle nell’intento di assicurare loro una dote dignitosa ed una vita onorevole.

Riconosciuto dal vicino gli fece promettere che non avrebbe rivelato a nessuno per tutta la vita quanto aveva visto.

Il gesto di San Nicola è diventato il simbolo della generosità e la sua figura, nella tradizione popolare, facilmente trasformata in quella di colui che porta doni senza nulla chiedere in cambio.

San Nicola, festeggiato il 6 dicembre, non è l’unico richiamo al Natale nel XX canto del Purgatorio.

Presepe

«Dolce Maria!»

invoca nel pianto l’anima penitente di Ugo Capeto

[…] «Povera fosti tanto,

quanto veder si può per quello ospizio

dove sponesti il tuo portato santo».

E’ il momento della nascita di Gesù. Esempio di estrema povertà è quello di Maria costretta a deporre il figlio, il suo “portato santo”, in un umile “ospizio”. Il canto degli angeli dinnanzi alla stalla di Betlemme riecheggia nell’inno di lode “Gloria in excelsis Deo” recitato da tutte le anime purganti insieme.

Annunciazione ai pastori

Dopo l’angoscia ed il terrore provati da Dante e Virgilio al tremare del montagna

“No’ istavamo immobili e sospesi

come i pastor che prima udir quel canto,

fin che’l tremare cessò ed el compiési”

(vv.139-141)

Nel racconto dell’evangelista Luca i pastori, all’apparizione dell’Angelo che portava loro la lieta novella della nascita del Messia, furono presi da un grande timore. A quei pastori Dante paragona il suo stato d’animo e quello della sua guida aggiungendo la percezione di immobilità ed incertezza. “Sospesi” perché incapaci di capire a pieno ciò che li circonda e di trovare risposte ai propri dubbi. Dante non nasconde il suo ardente desiderio di sapere e la sua titubanza nel domandare che lo costringono a proseguire “timido e pensoso”. Davanti a lui “il cammin santo” è ancora lungo ed irto di difficoltà.

Natività con i pastori : Terza cappella Sacromonte di Varese

Rosalba Franchi   

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