cultura

Come quando sei venuto al mondo – un racconto di Benedetta Bindi

“Non so nemmeno che sentimento fosse, davvero, so solo che ce n’era tanto” ( Dal film- Colpa delle stelle)

Edoardo mio figlio, ha invitato Francesco, un caro amico con il quale ha fatto insieme le elementari e le medie, a stare  qualche giorno da noi. I suoi genitori sono riusciti a portarlo solo una settimana in vacanza, in questa torrida estate. L’acquisto dell’appartamento in centro, gli ha portato via tutto. 

Tempo per ristrutturarlo, e soprattutto soldi.

”Un pozzo senza fine, lascia stare…il nuovo appartamento!” mi ha detto sua mamma, quasi con le lacrime agli occhi, quando ha scaricato in giardino il pallone del figlio, che aveva dimenticato in auto. Poi si è rifatta la coda, stringendo l’elastico viola, che serrava i suoi capelli biondi. E’ rimasta un’ora a chiacchierare con me. 

Le osservavo il volto, quello che noi mamme all’uscita di scuola lodavamo all’unisono, facendola arrossire. Tranne le occhiaie, grandi come due mezze lune, che gli si erano appiccicate sotto gli occhi celesti, oscurando in parte, la loro bellezza, è ancora una donna affascinante. 

I traslochi sono molto forti per la psiche, addirittura pari a un parto si dice. Trovo consona questa affermazione,  quando cambiamo casa, chiudiamo per sempre una porta aperta tante volte, dove è passata gran parte della nostra vita. 

A me è preso un nodo alla gola, tre anni fa, quando  ci siamo trasferiti da un quartiere periferico, in uno più centrale. Eppure lasciavo il mio appartamento, per uno più bello e meglio posizionato! 

Marianna mi ha confidato emozioni che sono state anche mie, ossia un misto d’infame e di gradevole insieme, quando si è trovata sola, in quelle mura nuove. 

E’ stato bello rivederla, ricordare i nostri pomeriggi al parco adiacente alla scuola, che all’epoca ci sembravano infiniti. I nostri bambini non volevano mai smettere di giocare, e andavamo via quando il sole tramontava. Spesso qualche nonna, pensava che mio figlio fosse il suo, visto che lei è come lui,  pelle chiara e capelli biondi.

Così mentre stavamo annegando in una nostalgia materna, ad un tratto sono apparsi i nostri ragazzi, salutandoci perché andavano al mare. 

Ho osservato Francesco, che non vedevo da un pò. Da piccolo che era, le sue gambe sono diventate lunghe e ben tornite, dal molto sport praticato. Le spalle  larghe, dritte e imponenti, e qualche pelo sulle guance, sparso come fosse una manciata di pepe, annuncia la futura barba scura. L’ho sempre trovato bello, ma adesso quest’aria matura, e qualche imperfezione a quel volto armonioso, come il naso  più lungo, la mandibola  pronunciata, lo rendono più interessante.

Mio figlio invece ha ancora  il volto regolare di un bambino. Biondo e di struttura esile, sembrava al suo fianco, se non il fratello minore, perché è  più alto di lui, sicuramente un elemento debole, vicino al forte.

Durante i sette giorni che ha trascorso con noi, Edoardo spesso silenzioso, è diventato loquace a tavola, sorridente. Il carattere socievole dell’amico, ha contagiato anche lui.  Eppure Francesco non ha passato un anno sereno, ha sofferto parecchio questo inverno per la morte del cane, e del nonno, nel giro di pochi mesi. Nonostante questo, mi ha detto sua madre, lui riesce a trarre il meglio da ciò che ha nel presente. Una dote questa che Edo non ha, perché qualsiasi cosa  gli vada storta, altera il suo precario equilibrio, rendendolo ancora più chiuso e malinconico. 

Ho pensato che fosse un vero peccato, che si frequentassero così poco, visto che a lui, stare accanto a Francesco gli fa bene. Licei diversi, sport differenti, hanno inevitabilmente causato tra loro una distanza. Però mentre mettevo nel forno un bel ciambellone al cioccolato,  per la loro colazione del mattino, ho sentito una ventata di buon umore, all’idea che ora lui si è trasferito a  pochi minuti in auto, da dove abitiamo noi. Le probabilità che si frequentano di più, mi dicevo aumenteranno. 

Spesso negli anni mi sono preoccupata che mio figlio, con il suo carattere schivo, non avesse abbastanza amici. Poi quest’anno, al terzo anno di liceo, è iniziato a uscire la sera, anche se i suoi compagni, lo facevano da molto prima, e mi sono tranquillizzata. 

Alcune volte ho pensato che essendo figlio unico, avesse più difficoltà a relazionarsi, gli ho proposto la psicoterapia, ma lui l’ha rifiutata. L’unico suo amico che frequenta casa nostra,  è Dino. Anche con lui si conoscono dall’infanzia, e vanno al Liceo insieme. E’ piccolo di statura e cammina con le  spalle curve. Si veste sempre di nero, pallido anche in estate, con un aria cupa più delle sue magliette.  Porta  occhiali tondi dalla montatura nera, e quando parla spesso balbetta per l’emozione. A scuola però durante le interrogazioni, mi ha detto mio figlio, si sblocca, e parla così tanto che i professori lo interrompono sempre. Ha la media del nove. Ma certamente lui, non può portare vitalità ad Edo, perchè non esce mai, tranne che per andare al cinema.  Le mie amiche con figli più grandi del mio, mi dicevano  di stare tranquilla, che l’adolescenza è diversa per ogni ragazzo, e che Edo si sarebbe sbloccato. 

Così ho gettato l’idea dell’analisi, e ho atteso che iniziasse pian piano, una maggiore vita sociale. Come poi è accaduto.  

Francesco è partito ieri, in tarda mattinata, doveva iniziare gli allenamenti di calcio. L’ho portato io al treno, mi ha salutato dicendomi: “Grazie Raffaella, sono stato proprio bene!”per poi darmi un bel bacio sulla guancia.  Sono rimasta stupita, che mio figlio  non l’abbia  voluto accompagnare. Mi sono anche domandata se non fosse accaduto qualcosa, una lite tra di loro, magari per una ragazza al mare….

Al rientro dalla stazione, Edoardo era in camera sua a giocare alla play, quel dannato aggeggio che odio! Gli ho domandato come mai, non fosse venuto con me, ma non mi ha risposto preso, ho pensato, dalla sua partita. 

Così ho iniziato a togliere i lenzuoli dal letto accanto al suo, dove dormiva Francesco, a quel punto mio figlio se n’è accorto, e si è girato di scatto, come una tigre che afferra la preda. 

Buttandosi sul letto, mi ha urlato: “Nooo!” 

Io sono rimasta ferma immobile, i pochi secondi necessari per capire. Lo guardavo steso sul letto, stringere il cuscino, poi si è  alzato veloce come ci era caduto,  ed è  scappato via, da qualcosa più grande di lui. 

Ho sentito il rumore forte della porta che sbatteva,  mio marito odia quando lo fa, per fortuna è fuori per lavoro, altrimenti avrebbero litigato. 

Edo è  tornato la sera all’ ora di cena. Io non ho detto una parola sull’accaduto, abbiamo ascoltato il telegiornale in silenzio. 

Lui aveva un peso troppo grande sul cuore, sicuramente pari al mio.  Senza farmi notare l’osservavo. Ho pensato che il suo grido, era lo stesso che ho sentito quando è venuto al mondo. Medesima intensità di suono, identico turbamento di quando, ha messo piede per la prima volta su questo mondo.

Con il suo corpo  lungo ed esile: 3 kg e 20, per 53 cm. 

Volevo dirgli a tavola solo: “Sono qui”, come il giorno che l’ho visto per la prima volta, stretto tra le braccia delle infermiere. Poi lui ha alzato il suo volto dal piatto, e mi ha guardato. Io gli ho sorriso, e non c’è stato bisogno di parole, erano tutte sulle mie labbra, in fila, pronte ad accoglierlo.

Benedetta Bindi

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