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Intervista ad Antonio Palmieri sulla Intelligenza Artificiale

Quella di Antonio Palmieri è sempre stata una presenza attenta, premurosa, positiva nel mondo internet e a maggior ragione oggi ci siamo rivolti a lui per capire come convogliare al meglio le nostre energie, e il nostro essere cristiani, nell’epoca dominata ormai dalla Intelligenza Artificiale.

Tutti ne parlano, tutti ne scrivono, anche qui su ilcentuplo abbiamo fatto qualche esperimento ma ho rivolto tre domande ad Antonio per continuare ad avere quella voce prudente, figlia anche del discernimento, su questa nuova realtà nella quale siamo immersi.

  1. Ciao Antonio, a seguito di un tuo articolo apparso sul Corriere della Sera, vorremmo capire di più su come educare gli algoritmi, quindi potrei dire come liberarci dalla schiavitù degli algoritmi. Sembra che tu abbia scoperto il modo. Ce lo spieghi?

La schiavitù degli algoritmi ce la creiamo in parte noi, Io direi in gran parte noi con i nostri comportamenti online. Se viceversa ci comportiamo in un modo adeguato, cioè scegliamo le persone giuste da seguire, postiamo contenuti che siano adeguati in questa direzione, se ci applichiamo per fare quella che noi nella Fondazione il pensiero solido chiamiamo “comunicazione costruttiva”, cioè la comunicazione che fa crescere conoscenza, condivisione e coesione tra le persone, allora gli algoritmi che seguono quello che facciamo noi, ci restituiranno quello che loro gli diamo: in buona sostanza internet e uno specchio riflette quello che ci mettiamo dentro

2) Da quello che capiamo è importantissimo il lavoro di rete nella rete, cioè tutti noi indirizzare gli algoritmi verso il bene, verso parole buone chiave, giusto?

Seguendo le persone giuste, dialogando e scambiando contenuti con le persone adeguate si crea di fatto una rete nella rete che orienta almeno un pezzo degli algoritmi perché ognuno di noi vede un web, vede i social e vede nei social una cosa differente da quella che vede l’altro e la vede, torniamo alla risposta numero uno, in ragione e in misura di quello che ci mette dentro, sostanzialmente, per questo è importante popolare la rete di buoni contenuti
Naturalmente i buoni contenuti non sono contenuti buoni nel senso che non è necessario parlare sempre e solo di cose positive, si può entrare in discussione si può dire e dare contenuti anche contenuti di situazioni importanti impegnative come nella guerra ma lo si può fare appunto comunicando in modo costruttivo

3) Non scrivere quello che per forza gli algoritmi vogliono, riesce lo stesso a far crescere la web reputation?

La web reputation cresce proprio in misura del fatto che noi continuiamo a dialogare e interagire con le persone giuste le quali, a loro volta, ci apriranno contatti con persone altrettanto giuste e di conseguenza ci creeremo la nostra web reputation che, per le persone diciamo così “normali” cioè che non sono vip, non ha a che fare con i grandissimi numeri, ha a che fare con la qualità delle interazioni, con la qualità dei contatti e questa cresce lentamente, inesorabilmente come avviene in ogni rapporto perché il web, i social sono un rapporto, sono una relazione e quindi come ogni rapporto, come ogni relazione, crescono nella misura in cui noi diamo tempo, costanza, pazienza attenzione a forgiare la relazione quindi a costruire una buona reputazione di noi stessi per il nostro pubblico che, ripeto, , meno che non si voglia diventare influencer galattici, è un pubblico necessariamente, come direbbero quelli che hanno studiato, di nicchia ma è la nostra nicchia quella che è utile e funzionale a noi.

Per chi volesse continuare ad approfondire il tema può rimanere in contatto via social con Antonio Palmieri, oppure acquistare il libro, seguire la Fondazione Pensiero Solido cominciando dall’ascolto del seguente interessante video.

Grazie Antonio e grazie a tutti.

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