Love – un racconto di Benedetta Bindi
Ero fuori dalla discoteca. Non ce la facevo più a restare a quel tavolo con quel gruppetto di ragazze.
I miei amici erano ipnotizzati dalle loro labbra gonfie, dalle gonne corte e dai top striminziti che lasciavano ben poco all’immaginazione…
Erano sexy, non c’è dubbio, ma cercavo un altro tipo di donna per me.
Così le osservavo in silenzio, mentre loro chiacchieravano gesticolando e bevendo vino, senza mai inserirmi nelle loro conversazioni, come facevano invece Riccardo, Luca e Paolo.
Ogni volta che ci provavo, finivo con il sentirmi triste. Sconfortato.
Dopo quasi un’ora a quel tavolino ovale, tra calici e bottiglie, mi sono alzato con la scusa di una telefonata.
Sono uscito, ho raggiunto il parcheggio e mi sono appoggiato alla mia macchina.
Ho preso il tabacco e le cartine dalla tasca dei pantaloni e mi sono fatto una sigaretta.
Fumavo guardando le stelle, quando ha cominciato a tuonare. Poco dopo, una pioggia improvvisa ha iniziato a scivolarmi dentro i vestiti.
Ero disposto a prendermi un raffreddore pur di non rientrare in quel locale rumoroso, dove avrei dovuto partecipare a quel corteggiamento imbarazzante dei miei amici nei confronti di quelle ragazze.
Le chiavi della mia auto le aveva Riccardo: aveva guidato lui. Io ero piuttosto stanco, studiavo come un pazzo tutto il giorno per preparare la mia tesi.
Così, per scappare da quel tavolo, mi trovavo all’una di notte, solo in un parcheggio, a rollarmi la seconda sigaretta, perché la prima si era bagnata a causa della pioggia, e non potevo rifugiarmi nella mia macchina perché non avevo le chiavi.
Improvvisamente le gocce sono cessate d’un tratto, come se non fossero mai esistite.
Aspiravo, perso nei pensieri, guardando l’Orsa Maggiore, quando una ragazza bellissima — come un angelo — mi si è avvicinata con un sorriso vivace.
«Me ne fai una anche a me?» mi ha detto con una voce squillante.
Io ho annuito.
Le tre ragazze di prima mi sono sembrate all’improvviso scialbe e opache, al suo confronto.
Lei era alta quanto me, e io non sono certo basso.
Indossava una canottiera bianca, non troppo scollata, jeans corti e stivali, ed era così vicina che potevo sentire il suo profumo: sapeva di mandarino.
Abbiamo fumato insieme in silenzio, guardando le stelle.
Poi una macchina si è avvicinata. Una voce femminile ha detto:
«Clorin!»
Era in una zona buia: non riuscivo a vedere bene il volto di chi era alla guida.
Lei le ha fatto un cenno con la mano.
Mi ha salutato sorridendomi con gli occhi e mi ha detto: «Mi è piaciuto guardare le stelle con te. Devo andare».
Per due, tre secondi non si è mossa. Mi ha guardato negli occhi, nel profondo. Ho avuto l’impressione di capire cosa volesse dirmi.
Ero paralizzato, annegato nei suoi occhi celesti, insieme alle mie parole.
Rientrato in discoteca, i miei amici mi parlavano: chi raccontava di aver baciato una, chi un’altra, chi che l’avrebbe portata a casa.
Io non riuscivo a concentrarmi su nulla.
In auto, Riccardo parlava tanto, si lamentava della moretta che non l’aveva considerato, ma io non riuscivo molto ad ascoltarlo.
Solo dopo una settimana, a cena, gli ho raccontato cosa mi era capitato, e che la notte non riuscivo a dormire pensando a quella donna.
Lui non mi ha preso in giro come pensavo. Ha solo detto:
«Che peccato. Se avevi il suo numero… e se lei è così bella, magari non avrebbe accettato di uscire con te. E ora non ti morderesti il fegato».
Dopo tre mesi l’ho incontrata a una lezione di yoga, in un parco in città .
Eravamo una ventina di persone, con i teli stesi sull’erba.
Lei è arrivata sorridente, in canottiera e pantaloncini azzurri, con una treccia che le scendeva lungo la schiena.
Era meno alta, perché non portava i tacchi ma scarpe da ginnastica. In ogni caso, non era meno bella.
Anzi, quando si è seduta dietro di me, mi sono sentito subito paralizzato.
Sbagliavo tutte le mosse dell’insegnante, mi riprendeva, mentre lei emetteva brevi risolini.
A fine lezione si è alzata e mi ha detto:
«È stato un piacere rivederti. Ci vediamo alla prossima?»
Ho sentito il cuore battere forte e le parole bloccarsi in gola, come un cane alla catena.
Lei era ferma davanti a me, e mi guardava .
Mi osservava nel profondo, come quella sera al parcheggio, esattamente come allora.
E mi ha sorriso con gli occhi.
In quel momento, tutta la mia vita mi è apparsa non più in salita, ma semplicemente meravigliosa.
Ho annuito con il volto, mostrando il mio più bel sorriso, non sapendo ancora se stessi sognando o se tutto quello che mi stava accadendo fosse vero.
