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Quando il 62 batte il 5: nel Tennis i numeri non dicono tutto

Nel frattempo oggi Jack Draper, numero 5 del mondo e tra i favoriti al Roland Garros, ha perso contro Aleksandr Bublik, tennista kazako-russo, numero 62, che raggiunge per la prima volta i quarti di finale in uno Slam. Sulla carta è uno shock. Nella realtà del tennis, è semplicemente tennis.

Chi guarda solo il ranking si perde il cuore di questo sport. Perché tra i primi 100 del mondo, i margini sono invisibili. Tutti sanno servire a 200 all’ora. Tutti sanno reggere scambi infiniti da fondo. Tutti sanno come si vince. Ma non tutti sanno farlo quando conta davvero.

Bublik è il numero 62, ma quel numero non racconta niente. Non racconta le notti insonni, le partenze solitarie, i momenti in cui ha magari pensato di mollare tutto. Non racconta i dubbi, la frustrazione, la fatica di restare aggrappati al sogno quando il mondo si aspetta che tu fallisca.

Ma lo raccontano i suoi occhi, dopo la vittoria su Draper.

Occhi lucidi, sporchi d’argilla e pieni di lacrime e redenzione.

Occhi che mostrano tutti i dubbi che ha mai avuto e tutto il coraggio che ci è voluto per superarli.

Si è steso a terra, si è coperto il volto di terra rossa — come a dire: sono fatto di questo, sono caduto mille volte, ma oggi no. Oggi vinco io. Ed è lì che il tennis diventa poesia.

E questa è tra le cose più belle di questo torneo che vedrete per tutta la settimana. Perché non è solo sport. È umanità che esplode. È un uomo che vince prima contro se stesso, poi contro il mondo.

E che riceve un lungo applauso ed una standing ovation da tutto il pubblico presente.

E non è un caso isolato.

Pochi giorni fa, Matteo Gigante, italiano fuori dalla top 100, ha battuto Tsitsipas, ex finalista del torneo e favorito su ogni tabellone.

Anche lì si è parlato di “sorpresa”.

Ma se fosse solo merito del destino, accadrebbe una volta ogni dieci anni. Invece accade sempre più spesso.

Perché non è il numero vicino al tuo nome a dire chi sei, ma come entri in campo.

Nel tennis, il ranking non gioca.

Giocano la fame, la testa, l’istinto.

Giocano le cicatrici che ti porti dentro.

E quando le trasformi in forza… il numero 62 può battere il numero 5. Il “nessuno” può diventare qualcuno.

Per un giorno. O per sempre.

E questa, forse, è la lezione più bella:

non sottovalutare mai chi lotta ogni giorno per restare in piedi.

Perché quando esplode, non lo fermi più.

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