editoriali

L’insegna che collassa ci insegna a rallentare

È stato aperto un fascicolo per crollo colposo sul collasso dell’insegna “Generali” — alta ben 15 metri e pesante diverse tonnellate — che qualche giorno fa si è afflosciata sulla cima della Torre Hadid (alta 192 metri), uno dei grattacieli simbolo di CityLife, l’avveniristico quartiere residenziale e commerciale di Milano progettato dalle archistar Arata Isozaki, Daniel Libeskind e Zaha Hadid.

Uno di quei posti dove, almeno in apparenza, nulla può andare storto. Dove tutto punta verso l’alto. Dove si lavora senza sosta e si vive con l’idea che tutto sia possibile, che ogni limite sia solo un’opportunità da superare.

E invece, eccola lì: un’insegna che cede. Che si piega. Che sembra dire, involontariamente, che anche un certo tipo di ideologia ha i suoi momenti di stanchezza.

Questo cedimento strutturale, che non ha nulla a che vedere con il caldo come inizialmente qualcuno ha voluto far credere (nessuna struttura in acciaio si affloscia con 38-40 gradi) rappresenta un’immagine potentemente simbolica ed emblematica: il marchio di un colosso della finanza issato in cima a un monumento dell’architettura contemporanea ossessionata dall’altezza che, per un attimo, perde la sua forma. E forse anche un po’ della sua aura.

È un’immagine che colpisce, come certi cartelli non scritti che la realtà ci mostra ogni tanto.

Perché, a ben guardare, i segnali ci sono tutti.

Ed io ci leggo questo:

Ovunque, qualcosa ci sta dicendo di rallentare.

Di fermarci.

Di respirare.

Di smettere di pensare che l’unica direzione possibile sia “più in alto, più veloce, più grande”.

Rallentare è un gesto controcorrente.

È scegliere di ascoltarsi quando tutto ti spinge a ignorarti. È fermarsi, respirare, sottrarsi per un attimo al rumore, alla fretta, al lavoro, alla gara.

È tornare a vivere a misura d’uomo, non di profitto.

Perché chi rallenta non si arrende: si salva.

Chi rallenta non perde tempo: lo ritrova.

Chi rallenta non fugge: sceglie consapevolmente dove mettere il piede, e dove no.

Rallentare non è un difetto, è un atto di forza silenziosa. È la lezione che il tempo — e forse anche certe immagini come questa — cercano da tempo di darci.

E noi, finalmente, possiamo decidere se continuare a tirare la corda o imparare a lasciarla un po’ andare, prima che si spezzi.

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