Amaro che è già dolce la vita
A casa mia, quando eravamo piccoli, se rispondevamo “così così” o “non tanto bene” a chi ci chiedeva “come stai?”, nostro padre ci correggeva subito.
“Si risponde benissimo o ottimamente”, diceva, “perché la vita è bella e bisogna sempre stare bene e poi perché l’ottimismo è una ginnastica dell’anima.”
All’inizio sembrava una specie di gioco, una regola buffa, ma crescendo ho capito che era un’eredità preziosa.
Un piccolo esercizio quotidiano per guardare la vita dal lato della luce.
E così, negli anni, quella regola è diventata mia. E un giorno, davanti a un caffè, l’ho trasformata in una frase tutta mia.
Quando mi chiedono quanto zucchero voglio, io rispondo sempre, con un sorriso:
“Amaro, che è già dolce la vita.”
L’ho detto per la prima volta quasi per caso e soprattutto perché davvero prendo il caffè amaro ma poi… ho visto gli effetti.
Un barista che si ferma, uno sconosciuto che sorride, qualcuno che chiede: “Ma perché dice così?”.
E allora apro uno spiraglio, racconto del mio lavoro, del mio blog Il Centuplo, e del fatto che io credo ancora nelle #solocosebelle e via dicendo.
Quello che è successo però qualche giorno fa a Napoli, patria del caffè, ha dell’incredibile e merita di essere raccontato e condiviso con voi.
Avevo un incontro importante di lavoro in un ufficio istituzionale. Un’atmosfera seria, piena di divise, gradi, rituali.
Dopo la riunione, il comandante della sezione ci invita a prendere un caffè insieme.
Al momento della domanda, inevitabile come un colpo di tamburo:
“Gibertini, quanto zucchero?”
E io, come sempre:
“Amaro, che è già dolce la vita.”
Silenzio. Un istante sospeso in clima da caffè sospeso.
Poi lui mi guarda e dice piano, quasi con un sorriso che si scusa d’essere spiazzato:
“Posso abbracciarla per portarmi via un po’ del suo ottimismo?”
E così è stato. Un abbraccio. Inaspettato. Pulito. Di quelli che non durano più di un secondo ma ti rimangono appiccicati addosso per giorni.
Non so se quella frase ha cambiato qualcosa nella sua giornata e in quella degli attoniti presenti. Forse sì, forse no. Ma so che è successo qualcosa.
E mi piace pensare che, in quel momento, una scintilla di fiducia sia passata da me a lui.
Non perché io sia speciale, ma perché a volte basta una parola gentile, detta con sincerità, per riaccendere la speranza.
E allora continuerò a dire “benissimo” e a bere il caffè amaro.
Non per abitudine, ma per scelta.
Perché la vita, nonostante tutto, è già dolce così.
E noi siamo qui, ogni giorno, a offrirne un sorso agli altri.
